L’uomo al centro - La visione aziendale di Ali Reza Arabnia

nov 19, 2018 | scritto da:

Un’azienda italogiapponese, guidata da un imprenditore di origine iraniana, leader globale nel proprio settore, con un fatturato medio annuo di 1 miliardo e 800 milioni di euro. Questa è oggi, in sintesi, Geico Taikisha. Ma dietro c’è una storia lunghissima, fatta di crisi e successi, di sfide e soluzioni, iniziata nel 1963, arrivata ad oggi e pronta ad affrontare il futuro puntando su valori che fanno di questa azienda qualcosa di più di ciò che sta nei numeri.

Crediamo nell’innovazione perché possiamo anticipare il futuro solo creandolo.

Geico Taikisha è - per dirla completa - specializzata nella progettazione e nella fornitura alle case automobilistiche, di impianti automatizzati completi per la verniciatura delle scocche. Ma - per dirla in altre parole - Geico Taikisha è soprattutto la realizzazione della visione imprenditoriale dell’uomo che ho davanti: Ali Reza Arabnia.

Tu ora mi vedi qui sorridente e disponibile, ma posso assicurarti che ieri ho dovuto fare fronte a brutte notizie arrivate da varie parti del mondo e tra poco mi aspetta una riunione dura con la Francia e stasera un’altra, che non sarà da meno, con l’America. Per cui forse, ora non dovrei aver voglia di parlare di Treedom, di alberi e di sorridere. Ma tu cosa c’entri con quello che è successo? Perché dovrei venire qua e comportarmi in modo scortese? Non sarebbe corretto, non sarebbe giusto e soprattutto dimostrerebbe la debolezza mia e dell’azienda. Mentre un’azienda forte è quella che nonostante tutto riesce a venir fuori dai problemi senza mai compromettere i propri valori.

Nato a Teheran, ha studiato in Inghilterra, Stati Uniti ed infine in Italia, che è diventata la sua casa e dove ha intrecciato la propria vita con quella della donna che è diventata sua moglie, Laura Neri, insieme alla quale, con un’operazione di management buy-out, ha acquisito la società Gecofin nel 1994 e nel 2005 ha rilevato Geico dal Gruppo Comau-Fiat. 

C’è una poesia iraniana che, tradotta in modo spiccio, dice non fissare l’uccello che sta volando, guarda il volo. Se faccio lo stesso guardando all’Italia, io vedo un paese che non ha pari nel mondo. Ho un’ammirazione vera, sentita, profonda per gli italiani. Quando discuto con amici stranieri io gli do ragione: sì, l’Italia ha una politica disastrosa, una burocrazia disastrosa, una giustizia lenta, ok, d’accordo, è tutto disastroso. E anzi, rincaro la dose e dico anche che in Italia siamo tartassati dalle tasse (che però servono per pagare il welfare) e non abbiamo risorse naturali come gas e petrolio. Bene, e allora come si spiega che, nonostante questo, l’Italia riesca a restare fra i 10 paesi più importanti del mondo? Perché la sua gente ha un genio e una forza d’animo senza pari. Sorrido, mentre lui pensa a una postilla. Forse solo i giapponesi hanno una bellezza paragonabile, ma loro hanno più difficoltà ad esprimere il proprio lato umano, cosa che invece gli italiani non hanno alcun problema a fare!

Che l’amore espresso per l’Italia sia sincero lo confermano le parole che usa per raccontare del suocero, Giuseppe (Pippo) Neri, fondatore di Geico in un tempo in cui anche la gestione di un’azienda era cosa diversa da oggi.

Ho avuto la fortuna di conoscere una persona a me così cara, con la quale ho bisticciato sempre, mio suocero. Una persona che ha dato l’anima, io l’ho visto, per l’azienda. Anche mio padre era bravo, ma la totale dedizione di mio suocero mi ha sempre impressionato. Lui forse non avrebbe mai fatto quello che abbiamo deciso di fare con Treedom o con altre iniziative per i nostri lavoratori [per farvi un’idea di tutto ciò che Geico Taikisha fa per loro guardate qui], ma lui veniva da un’altro tempo, dal dopoguerra, aveva fatto tutto da solo e diceva 4 gambe e un ripiano di legno bastano per lavorare. Anche quando non ero d’accordo con lui, ho sempre nutrito nei suoi confronti un’ammirazione profonda.

Non posso fare a meno di considerare che viviamo un tempo in cui ci raccontano ad ogni piè sospinto che la concorrenza fra lavoratori generata dalla globalizzazione ci sta trascinando in un baratro di diritti negati e stipendi sempre più miseri. Geico Taikisha invece fa esattamente il contrario: investe nel migliorare le condizioni dei lavoratori, dal posto di lavoro (la sede di Cinisello Balsamo che ci ospita è splendida) alle iniziative per dare loro le migliori condizioni lavorative. Così glielo chiedo: perché lo fate? Siete pazzi?

No, non credo che siamo pazzi. Oggi molti manager usano la leva della paura. Arrivano in un’azienda, ci stanno 2 o 3 anni, massacrano chi c’è fregandosene se poi i lavoratori ne risentono, portano risultati 3 mesi alla volta e poi se ne vanno, lasciando spesso il disastro dietro di loro.
Ecco io faccio tutto il possibile per fare esattamente l’opposto. Io lavoro perché in azienda regni l’equilibrio. Un equilibrio nel lavoro che si svolge, un equilibrio nel complesso delle attività tra la parte razionale e quella emozionale, tra l’intelligenza analitica e quella emotiva. E ci vuole attenzione per creare l’equilibrio, ci vuole serenità, ci vuole impegno. Ma si viene ripagati nel lungo periodo.

E com’è che un’azienda come la vostra ha deciso di creare con Treedom una foresta da quasi 6.000 alberi?

Non c’è nessun perché particolare. È stato amore a prima vista! Mi è stato spiegato in cosa consisteva il progetto e mi sono innamorato, del resto erano anni che stavamo cercando qualcosa del genere! Io sono persiano e l’amore per il verde è nella nostra cultura, anche se tanta parte del nostro paese è oggi desertico beh .. andate a vedere cosa sono riusciti a fare 2.500 anni fa nei giardini di Ciro. Ma basta vedere che in Iran anche nella case più piccole e modeste c’è sempre un po’ d’acqua per irrigare un orto, un giardino o un po’ di verde. 
Ricordo che per il Natale 2008, in un momento che non era facilissimo per l’azienda, decidemmo comunque di celebrare le feste e lo facemmo piantando un piccolo albero, in un giardino qua vicino, per ogni figlio dei nostri dipendenti. Facemmo un accordo con il Comune, perché volevamo che l’azienda fosse responsabile verso l’ambiente, in uno spazio condiviso e vicino casa. Vedere i risultati oggi è bellissimo.
Sposare il progetto di Treedom, viste queste premesse, è stato proprio … naturale!

Voi avete attraversato tanti momenti di crisi nel corso della vostra vicenda aziendale. Ne siete sempre usciti con successo. Qual è il vostro segreto?

Innanzitutto io non mi vergogno di dire che ho paura. Anche in questo momento, in cui ci sono delle tensioni, dormo male, mi sveglio nel cuore della notte fra angosce e paure. Ma sono sempre riuscito a gestire questa paura e a trasformarla in energia. Per riuscirci è fondamentale l’affetto che ricevi. Quello della famiglia, delle persone care, degli amici e dei lavoratori. Quando arrivi in ufficio la mattina e trovi qualcuno che ti saluta con entusiasmo, le cose ti appaiono meno dure … ti faccio un esempio, ieri ho sgridato uno dei nostri manager in modo molto duro, ma in modo franco e lui è tornato in ufficio sereno. Perché io, non voglio esagerare, ma so che lui è uno di quelli che si prenderebbe una pallottola per me, e io non lo dimentico mai. Mai. Mi dà la forza di stare in campo ogni giorno. Io ho bisogno di questo, di vedere che chi lavora con me è parte de progetto, è parte della famiglia. Per me è decisivo e nei momenti di difficoltà lo è ancora di più.

C’è un augurio che si fa per il futuro? Del pianeta, ma anche del suo … anche se immagino che il primo sia quello di tornare a dormire sereno.

Quello senza dubbio! Ma … devo dire che Let’s green the planet, il vostro claim, è un bellissimo messaggio e una bellissima missione. Ma non lo limiterei agli alberi o al verde. Credo che la cosa importante sia fare le cose per bene, farle con cura, nei confronti di tutto ciò che abbiamo intorno a partire dalle persone. Io ho vissuto nel mio paese un periodo molto cupo, la rivoluzione iraniana, in cui il populismo violento prese il sopravvento. Ci sono brutti venti che soffiano nel mondo, mi auguro che si trovi la forza di superarli.

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