Un albero, un anno e ancora. Intervista a Bruno D’Amicis.

set 27, 2017 | scritto da:

A noi sembrano tutti uguali, ma un orso che ha scelto un albero per grattarsi non lo ha fatto per caso. Per lui quell’albero non è e non sarà più, un albero qualunque. Le foreste, a ben vedere, son piene di alberi che sono spesso qualcosa di più. Sono punti di ritrovo, segnaposti, cassette delle lettere o cartelli stradali per gli animali della foresta. Ed il video realizzato dai fotografi Bruno D’Amicis e Umberto Esposito lo racconta attraverso le riprese di un anno di fronte ad un albero del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise.

Un albero un anno” è il titolo di quel video, che ha condensato in meno di 3 minuti quel che una telecamera nascosta nel fitto del bosco ha ripreso puntando per un anno su un albero speciale che si trova al crocevia di due valli, rappresentando così un passaggio obbligato per gli animali che gli sfilano davanti e lo usano, interagendoci. Il video è arrivato a conclusione del progetto chiamato Forestbeat, con cui D’Amicis e Esposito hanno inteso presentare, ad un pubblico il più ampio possibile, la vita, la bellezza, i molteplici caratteri delle foreste del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. Un sito, 100 battiti di foto e video raccontati su Facebook e Instagram e conclusi da “Un albero unanno”.

Proprio in coincidenza con la chiusura del progetto è arrivato il più alto riconoscimento possibile al valore delle foreste vetuste che D’Amicis ed Esposito hanno raccontato: l’inclusione delle faggete del Parco tra i Patrimoni dell’Umanità dell’Unesco.

Raggiungiamo così Bruno (che potete seguire sul suo sito, su Facebook e Instagram) per parlare con lui di alberi e progetti.

Ebbene Bruno, ho perso il conto di quante visualizzazioni ha fatto il vostro video (peraltro riportato anche sul sito internazionale del National Geographic). E se penso che più o meno negli stessi giorni arrivava la bella notizia dall’Unesco, la domanda più ovvia è: quanto e come avete festeggiato?!

Si è trattato ovviamente di un’enorme soddisfazione, anche perché è stato riconosciuto il contributo dato dal nostro lavoro di fotografi documentaristi al processo di candidatura delle faggete comepatrimonio Unesco. Come abbiamo festeggiato? Come al solito: tornando al lavoro e facendo una bella camminata tra gli alberi.

Dopo un successo del genere, cosa rimane da fare per il Parco? 

Beh, il riconoscimento dell’Unesco è sicuramente un’importante conferma del lavoro di gestione e conservazione portato avanti dal parco sino al giorno d’oggi. Il parco dovrà garantire l’intangibilità di queste foreste davvero uniche e divulgarne le peculiarità e le necessità di conservazione.

Tu sei un fotografo, ma anche un biologo. Il tuo è un punto di vista doppiamente interessante. Cosa vedi quando sei in una foresta? Come pensi a quel che hai intorno?

Quando lavoro ad un progetto fotografico e soprattutto quando lavoro sul campo, la fotografia diventa un pretesto per approfondire un argomento. Essa mi aiuta a rallentare, a osservare il mondo con maggiore attenzione. In una foresta cerco le connessioni tra gli alberi e il loro ambiente, ciò che lega le specie in una rete molto complessa. Mi chiedo cosa possano aver visto piante secolari e come i diversi organismi possano relazionarsi con esse. È un mondo assolutamente affascinante.

Che progetti hai per il futuro?

Sono schivo e superstizioso quando si tratta di parlare di progetti futuri … quello che posso anticiparti è che sicuramente porterò avanti un grande progetto in Abruzzo e uno in Madagascar, dove gli alberi torneranno a essere nuovamente protagonisti.

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