La COP26 ha impostato la ridefinizione delle regole per un mercato globale del carbonio. Si tratta di una scelta opportuna e necessaria, tuttavia è necessario evitare che rimangano aperte delle scappatoie per i più furbi. Ma soprattutto è necessario capire chi dovrà sorvegliare e far rispettare tali regole.
Da allora, i governi hanno autorizzato lo scambio di "certificati" per raggiungere gradualmente gli obiettivi climatici e creare incentivi per diventare più sostenibili. Il commercio di questi certificati può diventare un'arma potente contro il cambiamento climatico, molti esperti concordano. Tuttavia, ci sono delle sfide che devono essere affrontate.
Regole chiare e condivise
Durante la COP 26 di Glasgow, è stato affrontato il tema di come ridisegnare il sistema di regole per un mercato globale del carbonio e sono state poste le basi per una sua ridefinizione. Per la prima volta - questa la direzione - ci sarà un quadro unico per un mercato globale. Si tratta di una novità importante e carica di potenzialità positive. I certificati che vengono generati da progetti di protezione del clima in paesi in via di sviluppo sono molti, quello che è necessario è stabilire degli standard minimi condivisi, affinché la loro capacità di generare benefici per il clima non sia soltanto di facciata, ma effettiva e misurabile.
In questo senso la responsabilità delle Nazioni Unite è decisiva. Perché un commercio globale di certificati può funzionare ed avere effetti positivi solo se tutti giocano secondo le stesse regole.
(Share of Emissions by Country - Global Carbon Project 2020)
Problemi burocratici
La burocrazia pone ulteriori problemi: il nuovo mercato dei certificati permette, per esempio, di utilizzare diversi metodi di contabilità per i crediti di emissione in tempi diversi. Quindi non è chiaro quanto uno stato o un'azienda abbia realmente risparmiato alla fine. Manca uno strumento di confronto reale.
Inoltre, le azioni già esistenti possono essere accreditate. Cosa si intende con “azioni già esistenti”? Molti paesi hanno sviluppato in questi ultimi anni progetti di vario tipo, come ad esempio parchi eolici e solari, senza inserirli nel conteggio dei crediti di carbonio. Se oggi quei progetti già avviati fossero contabilizzati potrebbero generare crediti per centinaia di milioni di dollari. Si tratterebbe di una scelta quantomeno discutibile, perché questi progetti sono stati sviluppati senza bisogno del nuovo programma e non creeranno nuovi benefici. La creazione di incentivi per nuovi progetti mira - esattamente - alla realizzazione di nuovi benefici da contabilizzare e non alla contabilizzazione di ciò che già esiste.
Ma chi controlla?
L'accordo di Glasgow è un insieme di regole, con molti buoni approcci. Tuttavia, è un insieme di regole che ha alcune lacune, come quelle che abbiamo appena evidenziato. Il rischio è che il nuovo mercato globale dei crediti di carbonio diventi un campo di gioco per coloro che vogliono abusarne.
Ma il commercio di CO2 può essere uno strumento potente nella lotta contro il cambiamento climatico … se applicato correttamente.
Quindi, oltre a regole stringenti, cosa manca? Oltre ad alcuni cambiamenti nella contabilità, ciò che davvero manca è un'istituzione forte, riconosciuta e rispettata da tutti i paesi, con la forza e il potere di prendere provvedimenti severi in caso di non osservanza delle regole. L'ONU può essere quell'istituzione? Questa è la domanda cruciale. Se non lo sarà, non solo i progressi continuerebbero ad essere bloccati, ma anche la credibilità di questo nuovo accordo sarebbe minata piuttosto rapidamente.
In un momento in cui davvero nessuno può più permettersi di farlo.
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