Questa è una di quelle storie che intreccia fili così incredibilmente diversi, da far pensare che sia stata scritta da un autore particolarmente fantasioso. In realtà è una storia vera e ci ricorda che nessun narratore è più abile del destino a costruire trame.
Parte negli Stati Uniti della musica countryfolk e delle sue mille radici, per muoversi poi dall’Inghilterra fino all’Africa delle tradizioni musicali più profonde. Ma ci ricorda anche che quelle che chiamiamo tradizioni, non sono delle creazioni di purezza assoluta e primigenia, ma sono a loro volta figlie dell’incontro tra elementi diversi che si mescolano e creano qualcosa di nuovo.
Quando ho sentito raccontare per la prima volta di questa storia mi trovavo in Kenya per visitare alcune delle zone dove lavoriamo. Ed ero incredibilmente vicino a dove si svolgono i fatti che sto per narrarvi. Così ho deciso di battezzare Chemirocha uno degli alberi piantati in Kenya.
Beh ... ad essere onesti la nostra storia non inizia negli USA, ma in un’epoca non precisata, nella regione centrale di quella che oggi è la Svizzera. Non è facile infatti stabilire l’esatta data di nascita di quel canto tipico dell'area Germanofona alpina, conosciuto come jodel o yodel.
Quel che possiamo affermare è che lo yodel si è evoluto nella regione centrale della Svizzera nelle comunità rurali alpine come forma di comunicazione di grande utilità pratica. Era usato per chiamare le greggi di mucche e per comunicare da villaggio a villaggio e da montagna a montagna, una forma di comunicazione particolarmente utile per comunità separate da profonde valli alpine. Quello che era una semplice forma di comunicazione per fini pratici, si è poi evoluto nel corso dei secoli fino a diventare una forma espressiva artistica che ha finito per codificarsi secondo uno schema in cui un primo cantante improvvisa e gli altri si uniscono all'armonizzazione [1].
Franz "Franzl" Lang (Monaco di Baviera, 28 dicembre 1930 – Monaco di Baviera, 6 dicembre 2015)
è stato un cantante tedesco, noto jodeler conosciuto anche col nome di Re dello Jodel.
Nel corso del XX° secolo lo yodel trovò un’inaspettata nuova vita artistica in quel gran calderone che era il country-blues-folk americano, nel pieno del suo ribollire che fondeva elementi della musica africana e retaggi di varie provenienze europee. In particolare uno dei primi cantanti country a utilizzare lo yodel nel suo cantato fu Riley Puckett [2], già membro degli Skillet Lickers, ma chi lo porto al più ampio successo fu Jimmie Rodgers che, fra i suoi vari soprannomi, vanta anche quello di Father of Country Music. Per dirla con Wikipedia:
Jimmie Rodgers contribuì in maniera decisiva allo sviluppo della musica country, ed in particolare del country folk. Costruendo le sue ballate tradizionali sulle influenze musicali del Sud, Jimmie scrisse e cantò canzoni in cui la gente comune poteva rispecchiarsi [3].
Non solo, ma Rodgers fu anche la prima vera grande star della musica country; al momento della sua morte, nel 1933 (morì giovane, di tubercolosi), rappresentava da solo quasi il dieci per cento delle vendite di dischi della RCA Victor. Gli "yodel blu" di Rodgers, in cui la sua voce salta e ondeggia ritmicamente - forse imitando il fischio di un treno solitario, un suono che Rodgers (che aveva lavorato per anni come frenatore [4] sulla New Orleans and Northeastern Railroad) aveva probabilmente interiorizzato - erano enormemente popolari [5].
La leggenda vuole che Rodgers ebbe a conoscere lo yodel per un caso. Nel 1928, il cantante country Jimmie Rodgers sentì lo yodeling alpino eseguito da una troupe svizzera itinerante, e lo incluse insieme alla musica folk afroamericana e tradizionale nella sua fondamentale registrazione "Blue Yodel No. 1” [6]. Di fatto manca la possibilità di accertare che sia andata effettivamente così, ma certo la storia è verosimile. Il giovane Rodgers, che si dilettava nel cantare e comporre una musica che già era un miscuglio di ingredienti diversi, sentendo questo curioso modo di cantare, decise di farlo suo.
La musica che Rodgers componeva allora, oggi viene considerata alle radici della musica popolare tradizionale americana [7] . Quelle radici, tuttavia, affondavano in terreni che erano fra loro molto diversi e variegati.
L'interpretazione di Rodger di Waiting For A Train è una delle più celebri nella storia della musica country. La canzone è la prima delle uniche tre canzoni di Rodger che siano mai state registrate in video (Waiting For A Train, Daddy And Home, T For Texas).
Nel 1921, pochi anni prima che Jimmy Rodgers scoprisse lo yodel, un ragazzo inglese di nome Hugh Tracey, nato nel Devonshire nel 1903, si stava recando in quella che allora si chiamava Rhodesia del Sud e che oggi è lo Zimbabwe. Andava per raggiungere il fratello maggiore, Leonard, che aveva servito l’esercito di Sua Maestà durante la Prima guerra mondiale, rimanendo ferito, e per questo aveva ottenuto in concessione un appezzamento di terra in Africa. L’idea del fratello era quella di coltivare tabacco, il destino e la curiosità di Hugh lo portarono invece a viaggiare per approfondire la conoscenza di un mondo vasto, apparentemente lontano e di non facile comprensione, rappresentato dalle tante culture che abitavano quel continente.
Tracey colse ciò che a quasi tutti gli altri sfuggiva perché ritenuto irrilevante: il valore delle culture e delle tradizioni dei tanti popoli africani e la necessità di ritrarle nelle loro caratteristiche originali, prima che queste venissero mutate dal contatto - su un piano di disparità di forza, acuito dal pregiudizio e dalla volontà di dominio e rimozione - con quelle dei nuovi arrivati. Culture che avevano nella tradizione orale e musicale, il perno della propria espressione e trasmissibilità, il che le rendeva ancora più suscettibili di una rimozione che avrebbe significato oblio.
Senza fondi propri, Tracey ottenne, grazie ad un entusiasmo inesauribile, finanziamenti da fonti europee per studiare e preservare la musica tradizionale africana.
“Hugh Tracey non aveva alcuna formazione formale, in musica, o etnomusicologia, o altro. Si inventava tutto man mano che andava avanti. In ogni caso, fece un lavoro notevole. Organizzò e condusse diverse spedizioni di più mesi per esplorare i mondi musicali dell'Africa meridionale. Scrisse e catalogò ampie note, fotografie e registrazioni sonore di performance musicali nelle aree rurali di diversi paesi dell'Africa subsahariana. Nei 57 anni in cui Tracey ha vissuto e lavorato in Africa ha inteso come una missione il documentare e preservare qualsiasi musica africana e gli strumenti musicali che poteva trovare”. [8]
Documentare, preservare, ma anche cercare di diffondere. Come annota lo stesso Tracey nell’introduzione alla raccolta dalle sue registrazioni sul campo, la serie Sound of Africa (210 LP):
“A quel tempo il pubblico mostrava poco interesse per la musica africana e non capiva perché io sottolineassi costantemente il valore sociale e artistico della musica per le future generazioni di africani. Inoltre, le registrazioni di musica tribale, per quanto buone, non erano considerate di valore commerciale, in quanto sarebbero piaciute solo ad un pubblico limitato che aveva familiarità con il dialetto in questione, pochi, se non nessuno, dei quali avrebbero avuto l'apparato necessario su cui suonarle. Di conseguenza, non erano disponibili altri fondi di ricerca per tale scopo e per i successivi dodici anni ho intrapreso la professione di radiotrasmettitore, cogliendo ogni occasione per introdurre gli elementi della musica africana al pubblico sudafricano e ad altri pubblici radiofonici”. [9]
Durante uno dei tanti viaggi che condusse attraverso l’Africa, un giorno Tracey arrivò in un villaggio del distretto di Bomet, in Kenya. Quel giorno era esattamente il 15 settembre del 1950 e quel giorno Tracey registrò ben 34 canzoni cantate e suonate da persone della tribù Kipsigi.
Tra quelle registrazioni ce ne sono ben 3 che sono state archiviate da Hugh Tracey col nome di Chemirocha I, II e III. Le versioni I e II sono cantate da uomini, ma la versione di Chemirocha che è diventata più celebre è la terza. È cantata da - così è annotato da Tracey - “Chemutoi Ketienya con delle ragazze Kipsigi”. Da quel che si sente si tratta di una giovane ragazza a cui un gruppo di coetanee fa da coro. Ad accompagnare il cantato c’è il suono di uno strumento a corde simile ad una lira, chiamato kibugandet. La canzone dura poco più di un minuto ed ha un fascino ipnotico e straniante, soprattutto per il ripetersi della parola “Chemirocha”. Una parola il cui significato è: Jimmy Rodgers.
A spiegarlo è lo stesso Tracey nelle sue note a quella canzone.
Secondo Hugh Tracey dei missionari britannici erano passati per il villaggio alcuni anni prima con un grammofono a carica e suonavano dischi country americani per la tribù Kipsigis. Amavano un cantante in particolare. Non potevano credere alle loro orecchie che un essere umano potesse cantare e suonare così. Così decisero che doveva essere una specie di divinità, metà uomo e metà antilope. I Kipsigi crearono tutta una leggenda intorno a questo cantante country, che era Jimmie Rodgers, il "padre della musica country". Pronunciavano il suo nome "Chemirocha"[10].
Si può ragionevolmente supporre che il cantato di Jimmie Rodgers, quel suo curioso rifarsi allo jodel che fu la chiave del suo successo negli Stati Uniti degli anni ‘20, colpì allo stesso modo i Kipsigi. Quelle registrazioni che Tracey condusse per catturare la musica originale dei popoli indigeni, colse invece una curiosità ancor più originale, se si vuole: registrò come l’influsso di altre culture aveva già modificato una tradizione, rinnovandola a suo modo. E del resto la leggenda vuole che lo stesso Rodgers fece proprio quell’originale modo di cantare dopo averlo sentito per caso, cantato da altri. Una coincidenza curiosa che conferma quanto dicevamo all’inizio: spesso le tradizioni nascono da incroci di elementi diversi e non da presunte purezze primigenie.
La figura di Rodgers/Chemirocha assunse così tratti quasi mitici, di creatura misteriosa e affascinante. Una sorta di fauno africano.
A ben vedere, lo yodel non è un modo di cantare esclusivo dell’area alpina, lì si è semplicemente evoluto in una forma che ha trovato anche una curiosa strada per il successo commerciale in epoca moderna. Tuttavia, forme di espressive di canto polifonico e ballo, non meno articolate di quelle a noi più note, sono proprie anche di altre culture. Una di queste forme espressive è quella sviluppata dagli Aka. Gli Aka vivono in una zona che oggi si trova a sud-ovest della Repubblica Centrafricana e nel Congo settentrionale (Brazzaville). Sono noti proprio per la complessa musica polifonica da loro elaborata, un sistema studiato da molti etnomusicologi.
Nel 1954, Tracey fondò l'International Library of African Music, o Ilam, alla Rhodes University, in Sudafrica (a tutt’oggi il più grande archivio di musica africana dell'Africa sub-sahariana). Nel 2015, una squadra della Ilam (guidata dalla sua direttrice, l'etnomusicologa e professoressa Diane Thram, e da Tabu Osusa, che gestisce l'associazione no-profit Ketubul Music) è tornata nella Rift Valley per riportare a casa le registrazioni di Tracey e restituirle ai villaggi dove vennero fatte.
Riuscirono così a trovare un uomo, Cheriyot Arap Kuri, registrato da Tracey quel 15 settembre 1950 (canta "Chemirocha I"), e che nel 2015 aveva ottantotto anni. In un video prodotto dall'organizzazione Singing Wells, partner di Ketubul Music, Kuri parla dell'esperienza attraverso un traduttore: "Non abbiamo mai capito cosa stesse facendo quell'uomo bianco. Noi stavamo solo cantando per lui, semplicemente divertendoci e cantando per l'uomo bianco. Non sapevamo di essere registrati". È vestito benissimo e porta un pizzetto ordinato. Diane Thram gli offre un CD, che lui accetta. Lo gira tra le mani, guardandolo con amichevole scetticismo [5].
Immagine di copertina: Hugh Tracey recording a Chopi ensemble in Mbanguzi village, Chopiland, Mozambique, in 1948. (ILAM Archive and Jonathon Rees)
Fonti: