Abbiamo già parlato di come nel corso dei secoli nuovi progressi tecnologici abbiano portato gli scienziati a riconsiderare i dati relativi al clima. Proprio grazie a queste nuove tecniche ora anche gli storici stanno reinterpretando alcuni dei passaggi più delicati della storia dell’umanità: dalla caduta del Regno Tolemaico d’Egitto alla nascita dell’Impero Romano al declino di alcune delle più importanti dinastie cinesi.
Che le eruzioni vulcaniche siano state, nel corso della storia, vere e proprie catastrofi per alcune civiltà non è una novità. La cronaca della morte di Plinio il vecchio [1], morto a Stabiae (ora Castellamare di Stabia) soffocato dalle esalazioni vulcaniche del Vesuvio o quella dell’esplosione del vulcano Thera che devastò l’isola di Santorini ispirando il mito di Atlantide [2], sono racconti su cui ormai la maggior parte degli storici concordano.
A queste ricostruzioni si stanno però aggiungendo, negli ultimi anni, altre teorie legate all’attività vulcanica. Ad avere un impatto catastrofico sulle civiltà antiche non sembrano infatti essere stati solo gli effetti immediati delle eruzioni ma anche, e soprattutto, le conseguenze a medio e lungo termine che queste hanno avuto sul clima.
Risale al 2015 uno degli articoli più rilevanti in materia, pubblicato sulla rivista Nature.
Analizzando i sedimenti contenuti in diversi campioni di ghiaccio raccolti in Groenlandia e Antartide i climatologi hanno trovato una correlazione fra alcune delle più grandi eruzioni vulcaniche avvenute negli ultimi 2500 anni e periodi di intenso freddo, talvolta con crolli delle temperature durati anche 10 anni.
Ma non solo. Queste violente eruzioni, capaci di stendere una fitta coltre di cenere per centinaia di Km2, avrebbero oscurato il sole e provocato violente piogge, causando vere e proprie carestie a livello globale.
Uno studio del 2020 ha permesso di analizzare una delle più grandi eruzioni vulcaniche di sempre, quella del vulcano Okmok. Questo evento catastrofico avvenuto nel 43 a.c. in Alaska provocò, secondo gli scienziati, uno sconvolgimento nel clima dell’intero emisfero boreale portando ad un abbassamento di temperatura di addirittura 7° C in alcune aree del mediterraneo.
Reperti storici descrivono il decennio seguente a questa eruzione come un vero e proprio periodo buio, caratterizzato da carestie ed epidemie e da una instabilità politica che sfociò nella caduta del Regno Egiziano Tolemaico nel 30 a.c. e della Repubblica Romana nel 27 a.c.
Il declino di queste due importantissime civiltà mediterranee, fino ad ora identificato con la morte dei grandi volti storici dell’epoca, Cleopatra e Marco Antonio (morti nel 30 a.c.), è quindi ora visto sotto una nuova luce che pone il cambiamento climatico fra i fattori determinanti.
Ma questo non è l’unico esempio. Anno dopo anno queste rivelazioni stanno suscitando sempre più l’interesse sia dei climatologi che degli storici, che lavorano a quattro mani per trovare i punti di contatto tra cambiamento climatico e politico.
Celebre è il caso di uno studio del 2018 che ha messo in relazione la sconfitta di Napoleone a Waterloo e con l’eruzione di un vulcano in Indonesia [3]. Follia? Nient’affatto, perché le piogge che inzupparono d’acqua i terreni delle campagne belghe in quella primavera del 1815, furono eccezionali e determinanti per limitare i movimenti della cavalleria francese e neutralizzare gli effetti distruttivi dei colpi d’artiglieria. I cannoni francesi, infatti, sparavano con un angolo basso in modo che le palle di ferro rimbalzassero più volte sul terreno asciutto ed aumentassero il loro effetto distruttivo. Era la tecnica del "tiro di rimbalzo" o ricochet, che però, dato il terreno impregnato d’acqua, rimase inattuata, dato che le palle affondavano inesplose nel fango.
L’eccezionalità di quelle piogge non fu un semplice capriccio di Giove pluvio, ma il risultato della immissione, negli strati più alti dell’atmosfera, di polveri e gas scaturite dalla più violenta eruzione mai registrata in epoca storica: quella del vulcano Tambora [4]. Quest’ultimo si trova sull’isola di Sumbawa, situata nell'arcipelago indonesiano della Sonda, a circa 12.000 km di distanza da Waterloo. La sua eruzione iniziò il 5 aprile del 1815 e la violenza che la caratterizzò fu tale da determinare effetti la cui portata è tutt’ora oggetto di studio.
Risale invece a novembre 2021 il più recente studio in materia che evidenzia “una correlazione sistematica tra le eruzioni vulcaniche e il declino delle più grandi dinastie cinesi negli ultimi due millenni” dando una spiegazione scientifica a quei periodi di guerre e carestie che tradizionalmente in Cina sono interpretate come il segno dello sfavore divino nei confronti dell’imperatore [5].
Ci si chiede quindi se la storia che ci viene insegnata a scuola, spesso narrata tramite i grandi volti storici, gli assassini e i colpi di stato, non sia da riconsiderare interamente, alla luce di queste nuove scoperte scientifiche. Come sempre la risposta non è così semplice e il dibattito in merito è ancora acceso fra gli studiosi.
Se da un lato c’è chi, come John L. Brooke - storico dell’Ohio State University e autore del libro Climate Change and the Course of Global History: A Rough Journey – rivendica il ruolo centrale dei cambiamenti climatici nell’interpretazione dei dati storici, dall’altro vi sono molti e autorevoli critici di questo approccio, nel timore che possa portare a banalizzare gli aspetti sociali e politici della storia in favore di un “determinismo climatico”.
Una cosa è certa: a prescindere dal ruolo che queste grandi eruzioni vulcaniche abbiano avuto nel declino delle civiltà antiche, ci stiamo accorgendo sempre più di quanto il clima abbia un’influenza enorme sulla storia dell’umanità. Di questi tempi è bene tenerlo a mente!
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