Ci piacerebbe che fossero immortali, ma purtroppo ad oggi tocca fare i conti col fatto che gli alberi muoiono e purtroppo intere specie si estinguono, esattamente come tanti altri esseri viventi. Un lento impoverirsi della biodiversità del nostro pianeta che dovrebbe interessarci più di quanto immaginiamo. Secondo dati recenti, circa il 30% delle specie arboree del mondo rischia l’estinzione. Per essere più precisi, delle circa 60.065 specie di alberi conosciute, solo circa 20.000 – il 30% – hanno un’etichetta di stato di conservazione, e tra queste circa 9.600 sono a rischio.
Questo non significa soltanto “perdiamo gli alberi”: significa perdere ecosistemi, significati, storie, ossigeno, memoria.
Distribuzione estremamente ristretta: molte specie vivono in aree molto circoscritte.
Minacce multiple: spesso sono oggetto non solo di un singolo fattore di minaccia, ma di un insieme: deforestazione, estrazione del legno, malattie, cambiamento climatico, specie invasive.
Bassa variabilità genetica: quando la specie è ridotta a pochissimi individui, la resilienza cala.
Importanza della conservazione ex situ + in situ: non basta piantare nuovi alberi da generiche piantumazioni, serve tutela, monitoraggio e protezione degli habitat originari.
Ruolo chiave delle comunità locali: dai Māori in Nuova Zelanda al volontariato negli Stati Uniti, la partecipazione umana fa la differenza.
Di seguito abbiamo elencato quelle che appaiono essere le 10 specie di alberi più a rischio. Dieci specie splendide e fragili: con il loro nome, la storia, e perché rischiano di scomparire e per almeno una di loro vi suggeriamo anche come poter fare qualcosa per salvarla dal rischio estinzione!
Ricordandoci che ogni albero è un piccolo monumento della biodiversità.
Nota: l’ordine è arbitrario — non è una “classifica”, ma una carrellata di esempi emblematici.
Forse la storia archetipica dell’albero “ultimo esemplare”. Questa specie di albero è nota per avere solo un individuo, geneticamente parlando, conosciuto in natura sull’isola di Manawatāwhi / Three Kings Islands, al largo della Nuova Zelanda.
Scampata – quasi per miracolo – alle capre introdotte sull’isola, oggi sopravvive grazie a cloni e sapienti operazioni di propagazione.
Perché è a rischio: l’intera specie dipende da un singolo individuo, quindi catastrofi naturali, malattie o climatico-ambientali potrebbero cancellarla in un soffio.
Perché ci colpisce: quando diciamo “salviamo un albero”, qui significa “salviamo una specie intera”.
Perché è significativa: molti pensano agli alberi “rari” come piante piccole: questa invece è un’albero imponente, ma in drasticamente ridotto numero. Perché la fragilità non risparmia le alte chiome: il cambiamento climatico e la deforestazione agiscono ovunque.
Una betulla minuscola, che cresce su affioramenti calcarei in due zone delle montagne Honshū. Nel 1993 se ne contavano solo 21 individui conosciuti.
Minaccia: habitat estremamente ristretto, auto-incompatibilità genetica* ed elevata fragilità in presenza di disturbi naturali o antropici.
* L'auto incompatibilità genetica delle piante è un meccanismo biologico per cui una pianta non può produrre semi attraverso l'autoimpollinazione, anche se ha gameti vitali).
Una specie di agrifoglio che si pensava estinta per quasi due secoli: dopo l’ultimo rilevamento nel 1836, nel 2023 sono stati trovati soltanto quattro esemplari (2 maschi + 2 femmine) in un’area prossima a una piantagione di canna da zucchero in Pernambuco.
È una specie di albero tropicale appartenente alla famiglia delle Fabaceae (leguminose), quindi imparentata con alberi come l’acacia o il tamarindo. È endemica della foresta di Korup, nel Camerun sud-occidentale, una delle foreste pluviali più antiche e ricche di biodiversità dell’Africa.
È stata descritta per la prima volta solo nel 2010, dopo essere stata scoperta nel Parco Nazionale di Korup — da cui prende il nome. È rarissima: ne sono noti pochissimi esemplari (poco più di una decina, secondo le prime ricerche), e per questo è considerata a rischio critico di estinzione.
Come molte Berlinia, ha fiori spettacolari, con petali bianchi o rosati grandi e asimmetrici, che la rendono molto riconoscibile. È un simbolo vivente della fragilità delle foreste primarie africane: esiste solo in un luogo, e dipende completamente dall’equilibrio del suo ecosistema.
La perdita di habitat legata alla crescente presenza umana su questo pianeta è un dato che non possiamo fingere di non vedere e men che meno possiamo fare finta che non abbia un impatto.
È una conifera sempreverde endemica della regione dell’Apalachicola River, in Florida e Georgia. Il nome taxifolia (“foglie di tasso”) viene dal fatto che le sue foglie ricordano quelle del Taxus (il tasso).
È uno degli alberi più rari e minacciati del Nord America: un tempo comune lungo il fiume, oggi sopravvive in poche centinaia di esemplari, perlopiù arbusti o ceppi ricacciati, non più alberi maturi.
Negli anni ’50 una malattia fungina (probabilmente Fusarium torreyae) ne ha devastato la popolazione. È oggi in pericolo critico di estinzione (Critically Endangered nella lista IUCN).
Il soprannome “stinking cedar” deriva dall’odore pungente del suo legno resinoso.
Si tratta di un albero molto antico (la specie esisteva già nell’era glaciale) che sopravvive oggi quasi solo in forma di ceppi che ricacciano, incapaci di tornare a maturità — un po’ come una memoria vivente che rifiuta di estinguersi.
C’è anche un movimento interessante, che tenta di realizzare una “assisted migration” di questa specie, tentando di farla crescere più a nord (in Carolina, ad esempio) per darle una nuova possibilità.
È una conifera sempreverde, simile ai tassi europei (Taxus baccata), ma più piccola: di solito in forma di arbusto o piccolo albero di 6–9 metri. Predilige zone ombrose e umide, spesso su pendii boscosi o lungo corsi d’acqua.
È una specie rarissima e minacciata: è classificata come Endangered (a rischio di estinzione) dal U.S. Fish and Wildlife Service. Come altri tassi, contiene alcaloidi tossici (come il taxolo), ma anche composti con potenziale medico, studiati per il trattamento di alcuni tumori.
La sua distribuzione limitatissima e la riproduzione lenta la rendono molto vulnerabile a erosione, deforestazione e raccolta non controllata.
È un albero sempreverde tropicale della famiglia delle Fabaceae, cuò raggiungere 15–30 metri di altezza; il suo legno è molto duro e denso. Era endemicissimo del Brasile, in particolare nella Mata Atlântica, anche se la sua distribuzione originale è oggi fortemente ridotta.
Storicamente, infatti, è stato pesantemente sfruttato per il legname e per estrarre la brazileina, un colorante rosso molto pregiato, tanto che il Brasile prende il nome proprio da questo albero (pau-brasil).
È definito Critically Endangered / Endangered, a causa di deforestazione storica e raccolta intensiva, che ha fatto sì che oggi sopravviva principalmente in piccoli frammenti forestali protetti.
Produce frutti legnosi con un singolo seme; la crescita è lenta e la rigenerazione naturale difficile. Il legno è apprezzato ancora oggi per strumenti musicali, artigianato e restauro, ma il commercio è regolato per proteggerlo.
Rappresenta un simbolo nazionale e culturale del Brasile, un albero che racconta la storia della colonizzazione, della ricchezza naturale e della fragilità dell’ecosistema.
È un albero sempreverde tropicale appartenente alla famiglia delle Meliaceae. È nativo dell’America centrale e meridionale: dalla Messico meridionale fino al Brasile e alla Bolivia; introdotto anche in Asia e Africa tropicale per coltivazioni commerciali.
Può raggiungere 40–60 metri di altezza e un diametro notevole, con tronco dritto e legno pregiato. È noto come mogano dell’America, il legno è molto apprezzato per mobili di lusso, strumenti musicali e imbarcazioni.
È a rischio Vulnerable / Endangered secondo la IUCN, a causa di sfruttamento intensivo e deforestazione. Il legno è noto per la sua durabilità, colore caldo e venature eleganti, rendendolo uno dei legni più richiesti al mondo. Produce frutti a capsula legnosa con numerosi semi alati, che si disperdono col vento; la germinazione può essere lenta in natura.
Rappresenta un simbolo della foresta tropicale e della pressione sull’ecosistema dovuta all’estrazione intensiva, ma anche un esempio di specie che può sopravvivere grazie a piantagioni sostenibili.