L’evoluzione delle città e l’impoverimento delle campagne porta diversi animali a migrare verso i luoghi abitati. Qui, proprio in città, troveranno rifugio e si evolveranno sempre di più numerose specie animali.
Prendete un qualsiasi film distopico sul futuro dell'umanità: come prima cosa noterete un selvaggio rinverdimento delle strade, degli edifici e delle città in generale.
Immaginate “Io sono Leggenda” (in cui Will Smith salva il mondo da una terribile pandemia zombie) e avrete immediatamente l’immagine: la natura che torna prepotente tra le crepe dell’asfalto, sulle facciate ammalorate degli edifici e tra le auto abbandonate.
Peccato però che quello non sia affatto il modello vincente di integrazione tra umani e animali in città a cui potremmo ambire
Fino al 2009, secondo un report delle Nazioni Unite dello scorso Febbraio, vivevano più persone nelle aree rurali che in quelle urbane.
Oggi, invece, circa il 55% della popolazione mondiale vive in paesi e città, con un livello di urbanizzazione che si prevede possa raggiungere quasi il 70% entro il 2050.
Ad aggiungersi a ciò, si stima che la popolazione mondiale aumenterà di 2 miliardi, passando così dagli attuali 7,7 miliardi a 9,7 miliardi nel 2050.
Anche se l’inquinamento acustico, quello luminoso, le infrastrutture e le temperature urbane non sembrerebbero favorire la biodiversità in città, stiamo assistendo a sempre più frequenti fenomeni di darwinismo urbano, ovvero: diverse specie animali si stanno evolvendo per poter sopravvivere in un habitat differente da quello nativo.
È il caso delle diverse specie di uccelli che popolano le nostre metropoli in misura sempre più massiva come lo Sparviero, presente a Praga con una popolazione nidificante che oscilla tra le 60 e le 92 coppie su di una superficie di circa 220 km², una vera e propria colonizzazione, o come il Grillaio, che vede oltre il 90% della popolazione nidificante in Italia, con colonie situate soprattutto in centri urbani di medie e piccole dimensioni (nella sola Matera nidificano annualmente circa 500 coppie).
“...Il fenomeno per cui popolazioni di specie selvatiche tendono a colonizzare le città e in generale i centri abitati. Riguarda un gran numero di specie appartenenti a molti gruppi animali (soprattutto uccelli e mammiferi), e può essere stabile, se la popolazione rimane all’interno di una città per l’intero anno, oppure stagionale.”
Tutto ciò potrebbe rappresentare un drastico cambiamento per la biodiversità (e quindi anche per noi).
Infatti, tra le specie che sono in grado di adattarsi alle nuove condizioni, si verificano effetti collaterali di una certa importanza, tra cui, per fare un esempio, il piumaggio di alcune famiglie di uccelli come i passeriformi (la Cinciallegra ne è un esempio) sta virando verso toni sbiaditi e tinte meno vivaci. Oppure, in diverse città inglesi e tedesche è stata riscontrata la comparsa in modo massiccio dell’albinismo in popolazioni nelle quali l’espressione di tale mutazione genica in condizioni “normali” è significativamente bassa, quasi inesistente.
Ma ci sono anche altri disastrosi effetti collaterali. Come racconta in “Spillover - l’evoluzione delle pandemie” David Quammen, saggista e divulgatore scientifico statunitense, molte specie animali in città cacciano, si riproducono e sono a contatto con altre specie che non sono ancora in grado di difendersi, generando una catena di conseguenze che possono persino portare alla diffusione di nuovi virus e malattie su scala mondiale, pandemie.
E chi più di noi, in questo momento storico, può sapere cosa significhi tutto ciò.
Rimane, però, una domanda fondamentale. Perché gli animali si spostano in città?
Perché molte specie hanno scoperto che la città offre svariati vantaggi e il loro habitat naturale, al contrario, diversi svantaggi.
Gli ambienti artificiali come le città, diventano un rifugio, un luogo di nidificazione (grazie alla minor presenza di predatori e cacciatori), un ambiente con minor inquinamento da pesticidi e quindi una maggior presenza di cibo (insetti) ed un’area con un elevato numero di siti idonei alla riproduzione.
E quindi, una volta constata questa tendenza, come esseri umani e come cittadini, ci troviamo di fronte ad un problema: come integrare animali e cittadini all’interno delle stesse aree? È possibile farlo in modo “naturale” oppure saremo costretti a vedere sempre più frequentemente branchi di cinghiali che si cibano di rifiuti, come avviene per le strade di Roma?
Riusciremo nell’intento di far convivere animali e persone in città, creando le giuste condizioni per arricchire la biodiversità urbana o siamo inevitabilmente di fronte ad un futuro distopico e problematico come quello in cui Will Smith caccia un cervo in pieno centro a New York? Per quanto possa essere intrigante l’idea di passeggiare per la 5th avenue insieme a Will Smith, immagino che la risposta su cui concordare sia una solo: ristabiliamo un buon equilibrio e una ricca biodiversità.
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Fonte: https://e360.yale.edu/features/urban-refuge-how-cities-can-help-solve-the-biodiversity-crisis