Il petrolio, il Delta dell’Okavango e gli elefanti.

giu 29, 2021 | scritto da:

La morte di numerosi elefanti in Botswana e lo sfruttamento petrolifero nella zona.

Il cimitero degli elefanti.

Ne avete mai sentito parlare? E’ un luogo a metà tra leggenda e realtà.

Sì, perché pare che gli elefanti più anziani di un branco si dirigano istintivamente verso questo luogo indefinito, per morire lontano dalla propria famiglia, dal proprio clan.
Un comportamento che senza dubbio affascina, e che suggerisce alle menti più attente infinite teorie sulla consapevolezza, intelligenza e sensibilità degli elefanti.

Però, c’è un però. Di questi luoghi mistici, fino ad oggi, non ve n’era traccia. Si erano riscontrate soltanto delle coincidenze, delle zone ad alta concentrazione di scheletri, troppo deboli per stabilire una certezza.
Oggi, invece, se mi permettete la similitudine, potremmo aver scoperto uno di questi misteriosi luoghi di sepoltura, anche se in questo caso non ha nulla a che fare con l’istinto di questi maestosi mammiferi.

 

350 elefanti morti nel Delta dell’Okavango

Stiamo parlando del Delta dell’Okavango, in Botswana, il secondo più grande delta fluviale interno (cioè che non incontra il mare) del mondo: uno degli ecosistemi più complessi e ricchi di biodiversità del pianeta.

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Qui, dall’estate 2020, sono stati trovati ben 350 elefanti adulti morti.
Un numero allarmante, sebbene vada rapportato agli oltre 130 mila esemplari di elefante africano che popolano quest’area e ai circa 450 mila presenti sul continente africano.
La notizia è che però, ad ucciderli, pare non sia stato il bracconaggio, ma qualcosa di indefinito e ancora impalpabile.

I canadesi alla ricerca del petrolio

Nella stessa area dove pascolano questi erbivori, a metà tra la Namibia e il Botswana, ReconAfrica — compagnia petrolifera e del gas canadese — ha affittato più di 34 mila chilometri quadrati di terreno, per costruire un nuovo giacimento petrolifero.
Il progetto della società canadese è quello di studiare il territorio per creare un impianto in grado di estrarre (potenzialmente) dai 60 ai 120 miliardi di barili.

Scienziati, ambientalisti e comunità dicono di no.

Benché si sia solo alle prime fasi di analisi e di studio del territorio, si alzano già alti i cori di chi è contrario al progetto, di chi già conosce quali potrebbero essere le problematiche (perché le studia) e le conseguenze per animali, esseri umani e biodiversità del Delta se si scegliesse di procedere in questa direzione.

Tra questi, Nnimmo Bassey, direttore della Health of Mother Earth Foundation e presidente di Oilwatch Africa, sostiene che sin dalla costruzione di nuove strade per lo studio del sito, fino ai nuovi siti di perforazione veri e propri, si potrebbero creare condizioni disastrose per l’intero ecosistema del delta. Il timore, nello specifico, è quello che questo enorme giacimento possa esaurire le già scarse risorse idriche e causare un disordine ecologico nell’area naturalistica.

D’altronde, i primi effetti già si vedono: le vibrazioni del lavoro dei pozzi esplorativi, disturbano e disorientano gli elefanti, soprattutto quando accompagnati dai propri piccoli, portandoli lontani dalle originarie rotte migratorie dei branchi, vicino ai villaggi e alle oltre 200 mila persone che vivono il Delta, dando così vita a difficili convivenze tra uomini ed elefanti.

Non rimane che augurarsi che il “cimitero degli elefanti” di questa metafora rimanga soltanto una leggenda e non si realizzi mai. Per il bene dei pachidermi, e per il nostro.

Fonte: Corriere della Sera - 21 giugno 2021

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