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Sentenza CEDU sul clima | Tutto quel che c'è da sapere
apr 10, 2024 | scritto da: Tommaso Ciuffoletti
Ieri è stata scritta una pagina di enorme importanza nella definizione di quello che sarà il futuro delle battaglie ambientali, almeno in Europa. Per questo abbiamo voluto dedicare un approfondimento il più possibile esauriente a questo tema, cercando di dare tutte le informazioni, nel modo più corretto e dettagliato possibile. Perché si parla di diritti umani che riguardano tutti noi.
Le 3 sentenze sul clima emesse dalla Corte
Ieri, martedì 9 aprile, la Grande Camera della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha emesso sentenze in tre casi che avevano ad oggetto il cambiamento climatico ed i suoi effetti.
Due dei ricorsi su cui la Camera era chiamata ad esprimersi sono stati dichiarati irricevibili.
Il primo riguardava il ricorso dell’europarlamentare francese Damien Careme, presentato quando era sindaco di una cittadina costiera, Grande Synthe, vulnerabile alle inondazioni. Secondo Careme la Francia non ha adottato misure sufficienti per prevenire il riscaldamento globale e che questa mancanza comporta una violazione del diritto alla vita e del diritto al rispetto della vita privata e familiare. La Corte ha dichiarato irricevibile il ricorso, in quanto il ricorrente non vive più a Grande Synthe, né - al momento - in Francia, e non ha più alcun titolo di vittima ai sensi dell'articolo 34 della Convenzione [1].
Il secondo riguardava un ricordo presentato da un gruppo di giovani ragazze e ragazzi del Portogallo contro tutti i paesi europei, è stato rigettato perché i querelanti non avevano intrapreso alcuna via legale in Portogallo in merito alle loro denunce, il ricorso dei ricorrenti contro il Portogallo era quindi irricevibile per mancato esaurimento delle vie di ricorso interne. Inoltre non è possibile chiamare in causa paesi diversi da quello di provenienza.
Un ricorso è stato invece accolto, ma anche qui è opportuno fare attenzione.
Il caso Verein KlimaSeniorinnen Schweiz e altri contro la Svizzera riguardava la denuncia di quattro donne e di un'associazione svizzera, appunto KlimaSeniorinnen Schweiz, i cui membri sono preoccupati per le conseguenze del riscaldamento globale sulle loro condizioni di vita e di salute. Esse ritengono che le autorità svizzere non stiano prendendo provvedimenti sufficienti per mitigare gli effetti del cambiamento climatico.
La Corte ha rilevato che la Convenzione prevede il diritto a una protezione effettiva da parte delle autorità statali contro i gravi effetti negativi dei cambiamenti climatici sulla vita, la salute, il benessere e la qualità della vita. Tuttavia, ha ritenuto che i quattro singoli ricorrenti non soddisfacessero i criteri dello status di vittima ai sensi dell'articolo 34 della Convenzione e ha dichiarato i loro ricorsi irricevibili.
L'associazione ricorrente, invece, aveva il diritto di presentare un reclamo..
La Corte ha quindi stabilito che la Confederazione svizzera non ha adempiuto ai suoi doveri ("obblighi positivi") previsti dalla Convenzione in materia di cambiamenti climatici. Vi erano state lacune critiche nel processo di creazione del quadro normativo nazionale pertinente, tra cui l'incapacità delle autorità svizzere di quantificare, attraverso un bilancio del carbonio o in altro modo, i limiti delle emissioni nazionali di gas a effetto serra (GHG). Pur riconoscendo che le autorità nazionali godono di un ampio margine di discrezionalità in relazione all'attuazione di leggi e misure, la Corte ha ritenuto, sulla base del materiale in suo possesso, che le autorità svizzere non avessero agito in tempo e in modo appropriato per concepire, sviluppare e attuare la legislazione e le misure pertinenti al caso in questione. La Corte ha ritenuto che i tribunali svizzeri non avessero fornito ragioni convincenti sul perché avessero ritenuto superfluo esaminare il merito delle denunce dell'associazione ricorrente. Non avevano preso in considerazione le convincenti prove scientifiche relative al cambiamento climatico e non avevano preso sul serio le denunce.
Chi è KlimaSeniorinnen Schweiz?
Non è dunque banale considerare come sia stato decisivo, nell’ammissione del ricorso, il ruolo svolto dall’associazione che è di fatto nata proprio per questo obiettivo.
Come si legge sul sito di KlimaSeniorinnen Schweiz:
Poiché che solo persone con un interesse degno di protezione possono sporgere denuncia alla CEDU, ci siamo unite nell’associazione Anziane per il clima (KlimaSeniorinnen). La forma associativa evita una personalizzazione della procedura legale. Anziane, per il motivo che le donne anziane soffrono particolarmente dei sempre più intensi e frequenti periodi di canicola. Ovviamente siamo consapevoli che anche uomini anziani, persone malate e i bambini piccoli sono esposti alle nefaste conseguenze delle ondate di calura e degli altri effetti del cambiamento climatico. Incentrando però la denuncia sulla comprovata maggiore incidenza della nocività su noi donne in età aumentiamo le possibilità di successo della causa intentata, il che andrà a vantaggio di tutti.
La nostra associazione conta più di 2300 donne (primavera 2023) e cerca sempre nuove anziane come co-querelanti (dai 64 anni in su, dato che dai 75 anni i disagi e i rischi per la salute sono particolarmente elevati). Greenpeace Svizzera ci sostiene e garantisce per i costi del procedimento, affinché per l’associazione e i suoi membri non risultino rischi finanziari [3].
Questo è un precedente di assoluto interesse anche per la modalità con cui questa associazione ha operato, con il preciso scopo di dare corpo ad un soggetto legittimato a ricorrere in sede CEDU.
Per chiarire: cosa è la CEDU
La Corte europea dei diritti dell'uomo è un organo giurisdizionale internazionale, istituita nel 1959 per assicurare l'applicazione e il rispetto della Convenzione europea per i diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali del 1950.
Vi aderiscono quindi tutti i 46 membri del Consiglio d'Europa.
Sebbene abbia sede a Strasburgo, la Corte europea dei diritti dell'uomo non fa parte dell'Unione europea; non deve nemmeno essere confusa con la Corte di giustizia dell'Unione europea, con sede in Lussemburgo, che, invece, è un'istituzione effettiva dell'Unione europea, la cui competenza, peraltro, è di tutt'altra natura, vertendo sull'applicazione del diritto comunitario nell'interpretazione e nell'applicazione dei trattati fondativi dell'Unione [4].
Il diritto all’ambiente nella Convenzione europea per i diritti dell’Uomo
Come spiegava oggi sul Sole24Ore [5] la professoressa Marina Castellaneta:
“Nella Convenzione manca un espresso riconoscimento del diritto all’ambiente e, quindi, del diritto al clima, ma la Corte, tenendo conto che la Convenzione europea è uno strumento vivente, ha riconosciuto, nel corso degli anni, che la protezione dell’ambiente è inclusa in alcuni diritti convenzionali. Ora, un ulteriore passo: Strasburgo, infatti, ha allargato il perimetro di applicazione dell’articolo 8, nel quale è incluso il diritto al benessere di un individuo, alle ipotesi di surriscaldamento. E ha fatto anche di più perché non si è limitata a trasporre principi già affermati, ma ne ha individuati di nuovi, ad hoc, per la questione climatica, riconoscendo, in sostanza, che l’accelerazione del riscaldamento globale ha un impatto sulla qualità della vita di ogni individuo perché vi è un rischio significativo di declino dell’aspettativa della vita di una persona. Di qui l’obbligo di intervento degli Stati”.
L’affermazione della Corte porterà, quindi, inevitabilmente, a nuovi ricorsi a Strasburgo in materia di giustizia climatica.
Chiariamo anche che i verdetti della Cedu non sono appellabili e potranno costringere i governi a intraprendere maggiori azioni per la riduzione delle emissioni.
Possibili conseguenze
Lo scenario che oggi si apre è di grande interesse per lo sviluppo degli strumenti di tutela delle persone dagli effetti del cambiamento climatico e soprattutto degli strumenti di pressione sui governi per implementare reale politiche di riduzione delle emissioni.
Dall’altro però non è da sottovalutare la possibile reazione di governi e soprattutto di quei partiti politici contrari all’applicazione di reali misure per il contenimento delle emissioni climalteranti.
“La sentenza di Strasburgo è inaccettabile. La Svizzera deve ritirarsi dal Consiglio d’Europa” è quanto ha scritto il più grande partito svizzero, l’Union démocratique du Centre (partito di destra radicale), in un comunicato stampa.
Concreto è anche il rischio che si spinga per rivedere al ribasso gli impegni ufficiali in tema di riduzione delle emissioni per evitare di essere chiamati a rispettarli davvero.
Intanto le temperature medie continuano a salire
Il tutto mentre ieri il servizio meteo europeo Copernicus ha reso noto che la temperatura media globale di marzo è stata di 14,4°C. + 0,73°C rispetto a quella che è stata la media di marzo dei 30 anni fra il 1991 e il 2020. + 1,69°C rispetto a quella che è stata la media di marzo dei 50 anni fra il 1850 e il 1900.
La tendenza in atto è difficilmente negabile.
Secondo Copernicus, il marzo 2024 è il decimo mese di fila che si classifica come il più caldo mai registrato. Negli ultimi 12 mesi le temperature medie globali hanno superato il limite di 1,5°C dai livelli pre-industriali (la media 1850-1900) fissata dall''Accordo di Parigi del 2015 e dalla Cop26 di Glasgow del 2021.
[1] ARTICOLO 34 Ricorsi individuali La Corte può essere investita di un ricorso da parte di una persona fisica, un’organizzazione non governativa o un gruppo di privati che sostenga d’essere vittima di una violazione, da parte di una delle Alte Parti contraenti, dei diritti riconosciuti nella Convenzione o nei suoi protocolli. Le Alte Parti contraenti si impegnano a non ostacolare con alcuna misura l’esercizio effettivo di tale diritto.
[2] https://www.echr.coe.int/w/grand-chamber-rulings-in-the-climate-change-cases
[3] https://en.klimaseniorinnen.ch/
[4] https://it.wikipedia.org/wiki/Corte_europea_dei_diritti_dell%27uomo
[5] https://www.ilsole24ore.com/art/una-svolta-importante-portera-nuovi-ricorsi-AFX7HgRD