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Una sfida chiamata Tanzania
nov 06, 2025 | scritto da: Tommaso Ciuffoletti
"La sfida più grande è ridurre le disuguaglianze e creare lavoro per milioni di giovani. Su questo si misurerà la tenuta politica di questo paese nei prossimi anni. La pressione delle giovani generazioni per un cambiamento andrà crescendo sempre di più". In un recente articolo su questo blog, dedicato proprio alla Tanzania, scrivevamo così. Era l'11 luglio scorso e non potevamo immaginare che la pressione verso il cambiamento non avrebbe avuto bisogno di attendere anni per esprimersi, ma solo poche settimane. In questo articolo, infatti, parleremo di ciò che sta accadendo oggi in Tanzania: la crisi politica e sociale che si è aperta dopo le elezioni del 29 ottobre 2025, i numeri e le condizioni del Paese che fanno da sfondo a questa fase (demografia, economia, trasformazioni sociali), una breve storia recente che aiuta a comprendere come siamo arrivati qui, e infine rifletteremo sul perché il nostro lavoro in Tanzania — attraverso Treedom — assume un significato particolare proprio in questo momento. È un viaggio che unisce dati, testimonianza, e visione: perché piantare alberi significa non solo considerare il pianeta, ma anche seminare resilienza, comunità e futuro.
Cronaca di questi giorni
La Tanzania è attraversata da un’ondata di tensione che rischia di ridisegnarne la traiettoria politica e sociale. Le elezioni generali tenute il 29 ottobre 2025, che avrebbero dovuto segnare una fase di consolidamento democratico, si sono invece trasformate in un momento di scontro profondo tra la volontà degli elettori e le modalità del potere esistente.
L’attuale presidente, Samia Suluhu Hassan, è stata dichiarata vincitrice con circa il 97-98 % dei voti, dopo che i due principali candidati dell’opposizione erano stati esclusi dalla corsa. Le proteste sono esplose da subito, in particolare a Dar es Salaam e in altre città: blocchi stradali, incendi di stazioni di servizio e commissariati, forti scontri con la polizia e l’esercito, coprifuoco e restrizioni a internet.
Quanto alle vittime, la cifra resta controversa. L’opposizione parla di centinaia, forse anche 700 o più morti in poche giornate di proteste. Le Nazioni Unite (ONU) e altre organizzazioni internazionali hanno espresso grande preoccupazione per quanto sta accadendo, ma non si sono sbilanciati nel definire un numero attendibile decessi accertati. Forze di sicurezza hanno usato lacrimogeni e proiettili, e sono stati segnalati blackout informatici e un contesto in cui le comunicazioni sono state fortemente limitate.
Dal punto di vista politico, la principale forza d’opposizione, Chama Cha Demokrasia na Maendeleo (Chadema), ha dichiarato che i risultati sono “un colpo di Stato aperto” contro la volontà dei cittadini, rifiutando di riconoscere la legittimità del risultato. L’osservatorio regionale, Southern African Development Community (SADC), ha segnalato che in molte aree «gli elettori non hanno potuto esprimere la loro volontà democratica».
In questo clima, la domanda che molti ci stiamo ponendo è: cosa succederà ora? Le proteste evidenziano una crescente frustrazione, soprattutto tra i giovani, che non accettano un sistema dove la partecipazione appare nominale e la competizione politica fortemente “regolata”. Come scrive un’analisi dell’Institute for Security Studies (ISS): «Le proteste mostrano che il potere guidato dai cittadini, se sostenuto, potrebbe mettere pressione sul governo per riforme significative».
Per Treedom, che ha radici profonde in Tanzania da anni, questo contesto diventa uno degli scenari più importanti a cui prestare attenzione. Da un lato i nostri progetti si trovano in aree in cui il riverbero delle tensioni politica arriva, ma nel mantenersi di un clima di relativa sicurezza almeno per ora, dall'altro l'accelerazione verso il cambiamento ci impone di seguire con attenzione l'evolversi della situazione e rafforzare il nostro impegno per aiutare le comunità rurali ad aumentare la propria resilienza economica e sociale. Non basta più parlare di “paese in crescita” o “mercato emergente”: si tratta di un luogo in cui la sostenibilità, la partecipazione comunitaria, la capacità di generare senso collettivo assumono un valore politico, sociale ed etico rilevante.
Inquadramento: demografico, sociale, economico
Per capire la portata degli eventi e il contesto in cui Treedom operiamo, è utile offrire una panoramica aggiornata della Tanzania.

Popolazione e struttura sociale
La Tanzania è uno dei paesi più popolosi dell’Africa orientale. Secondo il CIA World Factbook, nel 2024 la popolazione era molto giovane, con una quota significativa, circa i 2/3 della popolazione, sotto i 25 anni. L’età mediana è di circa 19 anni e la crescita demografica elevata, in linea con un trend che non accenna a cambiare — una “forza” potenziale enorme, ma anche una sfida se non accompagnata da opportunità.
Economia
Negli ultimi anni la Tanzania ha registrato una crescita moderata ma costante: nel 2024 il Pil reale è cresciuto del circa 5,6 % secondo il rapporto svizzero SECO. Il paese è ricco di risorse naturali, ha un settore agricolo che assorbe molte manodopera, turismo in espansione, ma anche una forte quota di economia informale.
Nonostante la crescita, rimangono forti squilibri: la produttività stenta a decollare, la transizione strutturale (cioè spostarsi da agricoltura a industria/servizi di qualità) è lenta, e la povertà resta diffusa. L’inflazione è contenuta: per esempio, a febbraio 2025 l’inflazione era circa 3,2 %.
Società, ambiente e sviluppo
La Tanzania presenta anche forti opportunità nel contesto della sostenibilità: grandi estensioni di terra, biodiversità rilevante, spazi rurali dove la terra è ancora risorsa vitale per comunità povere. Allo stesso tempo, la pressione demografica, la necessità di creare infrastrutture, di migliorare istruzione e salute, puntano verso un modello di sviluppo che non sia solo quantitativo, ma qualitativo.
In breve: la Tanzania è un paese che si trova in un “momento chiave” di transizione — un paese dove il “cosa sarà” può dipendere molto da “ciò che facciamo oggi”.

Breve storia recente
Comprendere oggi significa guardare ai passi che hanno portato qui.
Dopo anni di governo del partito Chama Cha Mapinduzi (CCM) — al potere sin dall’indipendenza — la Tanzania ha attraversato una fase di apertura nei primi anni di questo decennio. Nel 2021 l’elezione di Samia Suluhu Hassan (che era diventata presidente dopo la morte del predecessore John Magufuli) aveva suscitato speranze per un maggiore pluralismo e un clima più aperto. Tuttavia, negli ultimi tempi, molte delle pratiche autoritarie sembrano essere tornate: esclusione dell’opposizione, limitazione della libertà di stampa, repressione delle proteste.
La recente tornata elettorale del 2025 segna un punto di svolta. L’opposizione era praticamente esclusa, la campagna elettorale in condizioni difficili, e l’affermazione della presidente con percentuali stratosferiche — un 97-98 % — richiama scenari in cui la competizione democratica è largamente depotenziata. Le proteste che ne sono seguite mostrano che, per molti, la soglia di tolleranza è stata superata. Come alcuni analisti osservano, «o entriamo in un paradigma completamente nuovo o in un livello totalmente nuovo di impunità oppure di disobbedienza civile».
Dal punto di vista della storia dello sviluppo, la Tanzania era vista – giustamente – come un esempio positivo: stabilità politica, buon potenziale economico, ruoli attivi internazionalmente (es. nella cooperazione regionale dell’Africa orientale). Ma oggi questa stabilità sembra in tensione: la forza dei giovani, delle comunità rurali, della società civile si scontra con strutture consolidate che faticano a cambiare.
Il lavoro di Treedom in Tanzania
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In questo contesto — complesso, sfidante, e determinante — il lavoro di Treedom assume una dimensione che va oltre il semplice “progetto ambientale”. In Tanzania siamo presenti da anni, abbiamo costruito radici. E queste radici assumono ora un doppio significato: da un lato, “radici” letterali — gli alberi che piantiamo nelle terre africane insieme alla nostra community, che crescono, aiutano la comunità, migliorano il suolo, danno ossigeno; dall’altro lato, radici che affondano nel tessuto sociale delle comunità rurali contribuendo a costruire partecipazione, consapevolezza, responsabilità che diventa ancor più fondamentale quando un Paese attraversa un momento di frattura.
Pensate a questi punti:
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Il nostro modello, che coinvolge comunità locali, agricoltori, famiglie, consente di costruire un “noi” che non dipende solo dallo Stato o dal mercato, ma da soggetti molteplici che lavorano insieme.
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In una fase in cui la tensione sociale cresce, la sostenibilità ambientale diventa un’àncora di fiducia: investire nel verde significa investire nel futuro, nella resilienza, nel fatto che “ci sarà un domani” — non solo per l’albero, ma per le persona, le comunità.
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Quando la società civile, la cooperazione, il privato responsabile possono dare esempio, allora si aprono spazi — piccoli ma concreti — di cambiamento. Non basta dire “cambiare la politica”: si cambia la cultura, il modo in cui la comunità vede se stessa, agisce, decide.
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Il fatto che Treedom operi già in Tanzania significa avere un vantaggio di conoscenza, fiducia, empatia: in un momento delicato come questo, quella fiducia può fare la differenza. È una responsabilità, certo, ma anche un’opportunità: dare visibilità a storie positive di comunità che stanno piantando alberi mentre il Paese attraversa un passaggio storico.
In un momento in cui le radici rischiano di essere sconnesse — radici politiche, sociali, culturali — noi piantiamo radici nel terreno, nel tempo, nella fiducia di generazioni che arriveranno. E se quel Paese è “uno dei paesi del futuro” (come abbiamo scritto), allora il nostro gesto acquista un significato più grande: non solo “regalare un albero”, ma partecipare — quotidianamente e localmente — a costruire un futuro che non è scontato.

