Turismo spaziale e geopolitica. Ma i costi per l'ambiente?

lug 29, 2021 | scritto da:

L'era del turismo spaziale è iniziata. Oltre il business c'è la competizione geopolitica. Ma c'è anche la necessità di valutare l'impatto ambientale di un incremento sensibile nel numero dei voli spaziali. E forse il buonsenso di un filosofo, può riportare il pensiero ... con i piedi per terra.

“Viviamo su questo bellissimo pianeta. Abbiamo visto questo - non puoi immaginare quanto sia sottile l'atmosfera quando la vedi dallo spazio. Noi ci viviamo dentro e sembra così grande. Sembra che questa atmosfera sia enorme e che possiamo usarla e non tenerne conto e trattarla male. Quando arrivi lassù e la vedi, vedi quanto è piccola e quanto è fragile. Dobbiamo prendere tutta l'industria pesante, tutta l'industria inquinante, e spostarla nello spazio, e mantenere la Terra come la bellissima gemma di pianeta che è”.

Sfida a 3

Questa è una citazione dell’intervista che Jeff Bezos ha rilasciato alla NBC di ritorno dal viaggio nello spazio realizzato lo scorso 20 luglio. La vicenda è nota: Bezos, fondatore di Amazon e attualmente l’uomo più ricco del mondo secondo Forbes, è diventato il primo imprenditore a volare oltre la linea di Karman – inizio formale dello spazio situato ad un’altitudine di 100 km - con la propria compagnia, Blue Origin.

Pochi giorni prima, l’11 luglio, è stato Richard Branson a prendere parte al volo che la sua compagnia, Virgin Galactic, ha realizzato battendo Bezos sul tempo, ma non sulla distanza. Unity 22, questo il nome della missione made in Virgin, si è mantenuto in una traiettoria definita sub-orbitale, tra gli 80 e i 100 km dalla Terra.

Tuttavia, ad oggi, è Elon Musk, con la sua società SpaceX ad apparire un passo avanti ai colleghi. SpaceX è leader nella tecnologia dei razzi riutilizzabili ed è oggi il primo contractor privato come numero di missioni affidate dalla NASA. Anche Musk sembra orientato a cimentarsi nel business del turismo spaziale, dato che ad inizio anno la sua società ha siglato un accordo per lanciare turisti spaziali in orbita su una navicella Crew Dragon. La missione durerebbe fino a cinque giorni e potrebbe essere lanciata già alla fine del 2021.

SpaceX

Non è solo turismo

Quella appena inaugurata è dunque l’era del turismo spaziale. Ad oggi si tratta dell’opportunità per persone ricchissime di pagare dei gran soldi per galleggiare in assenza di gravità. Un recente rapporto stima che il mercato globale del trasporto suborbitale e del turismo spaziale raggiungerà 2,58 miliardi di dollari nel 2031, crescendo del 17,15% ogni anno del prossimo decennio. Questo business finanzierà società in competizione tra loro per spingere sempre più avanti la scienza dei voli spaziali.

Non è solo turismo, perché la frontiera del confronto tra potenze si trova nello spazio fin dai tempi della guerra fredda - da Laika a Gagarin, fino ad Armstrong, Aldrin e Collins - ed oggi che a recitare un ruolo da superpotenze sono compagnie private, non sorprende poi troppo che ci si affidi a loro per segnare il passo di questa nuova sfida tecnologica e geopolitica. Al riguardo si consideri che oggi l’unico vettore in grado di raggiungere la Stazione Spaziale Internazionale, evitando le Soyuz dell’Agenzia spaziale russa, è proprio la navicella Crew Dragon della SpaceX di Elon Musk. Del resto, da quando gli Stati Uniti hanno deciso di abbandonare il programma Space Shuttle nel 2005 (a seguito del disastro dello Space Shuttle Columbia), la Space X (fondata nel 2002 da Musk) si è accreditata come il più plausibile partner della NASA.

Gagarin

I costi per l’ambiente

Ad oggi il numero di voli spaziali non è paragonabile a quello dei voli degli aerei di linea. Per intenderci i decolli dei razzi spaziali sono circa 100 ogni anno, un’inezia rispetto ai 100mila voli commerciali che partono ogni giorno. Tuttavia non è banale porsi la questione dell’impatto in termini di emissioni, che un incremento sensibile dei voli spaziali potrebbe avere. Ad oggi, Virgin Galactic pare orientata a proporre circa 400 decolli ogni anno, mentre Blue Origin e SpaceX devono ancora rendere pubblici i loro piani. 

Sull’impatto ambientali che l’incremento del numero di questi voli potrebbe avere, non è facile trovare degli studi corposi. Il punto centrale pare essere, in prospettiva, legato al fatto che la gran parte degli inquinanti dei razzi, sarebbero rilasciati nelle zone più alte dell'atmosfera. Ad oggi, una delle analisi più citate è quella che Eloise Marais, Associate Professor in Physical Geography alla UCL, ha pubblicato su The Conversation. Vale la pena riportarne alcuni passaggi per intero.

"Il Blue Engine 3 (BE-3) di Bezos usa propellenti di idrogeno liquido e ossigeno liquido. Il VSS Unity di Branson usa un propellente ibrido composto da un combustibile solido a base di carbonio e un ossidante liquido, il protossido di azoto. I razzi di SpaceX usano cherosene liquido e ossigeno liquido.
La combustione di questi propellenti fornisce l'energia necessaria per lanciare i razzi nello spazio, ma genera anche gas serra e inquinanti atmosferici.[…] Circa due terzi dei gas di scarico del propellente vengono rilasciati nella stratosfera (12 km-50 km) e nella mesosfera (50 km-85 km), dove possono persistere per almeno due o tre anni. […]
Questi gas e particelle hanno molti effetti negativi sull'atmosfera. Nella stratosfera, gli ossidi di azoto e le sostanze chimiche formate dalla degradazione del vapore acqueo convertono l'ozono in ossigeno, riducendo lo strato di ozono che protegge la vita sulla Terra dalle dannose radiazioni UV".

Considerazioni finali

Torniamo quindi alle parole riportate in apertura di articolo, pronunciate da Bezos. La prima notazione è piuttosto prosaica, ma che l’atmosfera di questo pianeta abbia bisogno di essere trattata meglio di quanto abbiamo fatto fino ad oggi, è affermazione che per essere fatta non necessitava di un viaggio spaziale (che oltretutto non contribuirà a migliorarne la condizione!).

La seconda è che “prendere tutta l'industria pesante, tutta l'industria inquinante, e spostarla nello spazio” suona piuttosto lontana come prospettiva. Al riguardo, la riflessione più interessante che ho letto, è quella che il filosofo Roman Krznaric ha affidato a The Independent: "un buon alpinista sa che si dovrebbe sempre avere il campo base in ordine prima di tentare una vetta rischiosa. Beh, certamente non abbiamo ancora il campo base terrestre in ordine. Personalmente sono d'accordo con l'andare su Marte e mandare l'industria pesante nello spazio, ma solo quando avremo imparato a vivere entro i confini ecologici dell'unico pianeta che conosciamo e che sostiene la vita”.

Considerazioni che forse appariranno di semplice buonsenso. Eppure a volte il buonsenso può essere rivoluzionario (o almeno aiutare a tenere i piedi per terra). Così come continuare a credere che in fondo, tra le varie tecnologie a nostra disposizione, un albero possa ancora valere più di un razzo.

stelle_cielo

 

Pianta ora Scopri Treedom Business