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CO₂ e crisi alimentare. Cosa fare per non soffocare negli sprechi.
gen 21, 2022 | scritto da: Elisa Lanza
Un quarto del cibo prodotto al mondo per il consumo umano finisce nella spazzatura. Questo genera sprechi ed emissioni di CO₂. Limitarli è una delle grandi sfide che dobbiamo vincere il prima possibile.
Due ricercatori dell’organizzazione internazionale Project Drawdown, Chad Frischmann e Mamta Mehra, hanno inserito i dati della Food and Agriculture Organization (FAO) e di varie altre fonti in un modello dettagliato che ripercorre l’intero sistema di produzione, trasporto e consumo di cibo.
Sulla base di questo modello sono stati ricostruiti degli scenari, presenti e futuri, riguardanti la crescita di popolazione e il relativo consumo alimentare. Ciò che ne risulta è che la filiera alimentare campo-tavola è ancora enormemente inefficiente.
Secondo la situazione attuale, da qui al 2050 per sostenere la crescita demografica bisognerà produrre ogni anno 53 milioni di tonnellate di cibo in più, per fare ciò sarà necessario convertire più di 440 milioni di ettari di foreste e praterie a campi coltivati.
Questo porterebbe a sua volta ad un aumento delle emissioni di CO2 di 80 miliardi di tonnellate nei prossimi trent’anni.
Se questi numeri possono sembrare difficili da afferrare pensate a un cassonetto dei rifiuti, di quelli condominiali. Al momento vengono sprecati 2860 cassonetti di cibo al secondo. Se le cose non cambieranno entro il 2050 questo numero aumenterà a 3741.
Per contrastare questa crescita insostenibile i ricercatori di Project Drawdown hanno individuato alcuni punti cardine su cui lavorare.
Cambiare le abitudini alimentari
Adottare una dieta ricca di alimenti vegetali e che rispetti una media di 2300 calorie giornaliere, specialmente nei paesi sviluppati, eviterebbe lo spreco di più di 160 milioni di tonnellate di cibo nei prossimi trent’anni.
Evitare le dispersioni lungo la filiera
Gli sprechi si verificano in ogni fase: nelle nazioni a basso reddito riguardano soprattutto la conservazione del cibo prima che questo venga immesso nel mercato mentre in quelli a reddito alto e medio-alto gli sprechi si concentrano alla fine della filiera alimentare, nei punti vendita e nelle famiglie.
Adottare pratiche di agricoltura rigenerativa
Le pratiche agroecologiche come l’agrosilvicoltura o la silvopastorizia che introducono alberi nei campi e nei terreni da pascolo, possono aumentare la resa dal 5 al 35 per cento, risanare il suolo e contemporaneamente rimuovere carbonio dall’aria.
Se metà della popolazione mondiale seguisse queste linee guida si potrebbero ridurre gli sprechi alimentari dal 40 al 20% alleviando la pressione sugli ecosistemi naturali e permettendo di sostenere la crescita demografica senza bisogno di disboscare nemmeno un ettaro fino almeno al 2050. Si potrebbero inoltre ridurre le emissioni di gas serra di circa 14 miliardi di tonnellate nei prossimi trent’anni, contribuendo a rallentare il surriscaldamento globale.
Tre punti solo apparentemente semplici, ma che devono essere affrontati subito, prima di affogare in una crisi ancor più paradossale, perché generata in gran parte non dalle nostre carenze, ma dai nostri sprechi.
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