Negli ultimi anni, molte aziende hanno adottato una strategia di silenzio sulle proprie iniziative ambientali, una pratica nota come greenhushing. Pur nascendo dall’intento di evitare critiche o accuse di greenwashing, il silenzio può rivelarsi controproducente, indebolendo la reputazione aziendale, limitando l’engagement dei consumatori e rallentando la diffusione di pratiche sostenibili. In questo articolo analizziamo il fenomeno, le sue cause, le conseguenze e le opportunità che invece la trasparenza offre alle imprese, con un focus sulla comunicazione sostenibile attraverso progetti concreti come la piantumazione di alberi con Treedom.
Il greenhushing è la pratica con cui le aziende scelgono di non comunicare le proprie azioni o strategie sostenibili, anche quando effettivamente esistono e sono in corso. Si tratta di un fenomeno figlio della crescente pressione pubblica sul tema della sostenibilità e del timore di critiche per dichiarazioni ritenute esagerate o fuorvianti.
A differenza del greenwashing, che consiste nel presentare un’immagine ingannevole di sostenibilità, il green hushing comporta un silenzio strategico: l’azienda agisce in modo responsabile ma preferisce non raccontarlo, per paura di:
essere accusata di greenwashing;
attirare l’attenzione su azioni considerate insufficienti;
ricevere critiche da stakeholder interni ed esterni;
incorrere in problematiche regolatorie.
Il risultato è che l’impegno reale delle aziende rimane nascosto e poco valorizzato.
Secondo quanto emerge da studi e articoli specialistici, le principali ragioni del greenhushing sono riassumibili in sei punti:
Paura di essere etichettati come greenwasher
Le aziende temono che la comunicazione delle proprie azioni sostenibili possa essere interpretata come propaganda ingannevole. Questo timore spesso impedisce di raccontare successi concreti, anche quando supportati da dati verificabili.
Timore di reazioni negative da consumatori e stakeholder
L’attenzione mediatica ai temi climatici e la crescente sensibilità dei consumatori rendono le aziende esitanti nel comunicare, per paura di critiche o boicottaggi.
Mancanza di competenze comunicative
Non tutte le aziende possiedono il know-how per tradurre le iniziative sostenibili in messaggi chiari e credibili. La mancanza di formazione o di strumenti adeguati porta spesso al silenzio.
Preoccupazione di non fare abbastanza
Molte imprese temono che il loro impegno possa apparire insufficiente rispetto alla scala della crisi climatica, inducendo esitazione nel comunicare.
Questioni competitive
Alcune aziende ritengono che condividere informazioni sulle proprie iniziative possa dare vantaggio ai concorrenti, perdendo così un potenziale vantaggio strategico.
Rischi regolatori
Normative come la Corporate Sustainability Reporting Directive dell’UE o le Green Guides della FTC negli Stati Uniti impongono requisiti stringenti per le dichiarazioni ambientali. La paura di non rispettarle appieno porta alcune aziende a non comunicare affatto.
Il silenzio, pur nato con l’obiettivo di proteggere l’azienda, genera effetti controproducenti sul lungo periodo:
Perdita di reputazione: i consumatori tendono a premiare la trasparenza. Non raccontare i propri successi può dare l’impressione di inazione.
Minore engagement: la mancanza di comunicazione limita la capacità di coinvolgere stakeholder, clienti e talenti interessati alla sostenibilità.
Rallentamento della cultura sostenibile: il silenzio aziendale riduce la diffusione di best practice nel settore e nell’opinione pubblica.
Difficoltà di benchmarking: senza informazioni condivise, aziende e consumatori hanno meno strumenti per confrontare e valutare le performance ambientali.
In sintesi, il greenhushing trasforma il timore in un freno strategico, penalizzando la reputazione e il valore competitivo a lungo termine.
Come comunicare in modo sicuro e credibile
La soluzione non è il silenzio, ma la comunicazione autentica, trasparente e supportata da dati concreti. Alcune best practice includono:
Autenticità: raccontare ciò che si fa realmente, senza abbellimenti eccessivi.
Trasparenza: comunicare i progressi ma anche le sfide e le aree di miglioramento.
Continuità: evitare comunicazioni sporadiche; impostare una strategia sostenibile di lungo termine.
Dati verificabili: fornire prove concrete, audit e certificazioni di enti terzi riconosciuti.
Equilibrio tra tecnica e emozione: saper comunicare in modo creativo, mantenendo correttezza tecnica.
Un approccio di questo tipo riduce il rischio di greenwashing e costruisce fiducia nei consumatori e negli stakeholder.
Un esempio pratico di comunicazione sicura ed efficace è rappresentato dalla piantumazione di alberi tramite Treedom. Piantare alberi è un gesto tangibile e verificabile che produce impatti concreti sul clima e sulla biodiversità, consentendo alle aziende di comunicare in modo autentico le proprie iniziative green. Inoltre, la piattaforma Treedom permette di raccontare la storia dei progetti e degli impatti generati, trasformando un’azione concreta in una narrazione credibile e coinvolgente.
Grazie a strumenti di tracciamento e reportistica dettagliata, le aziende possono condividere i risultati delle proprie azioni senza timore di accuse di greenwashing o di criticità regolatorie. Il greenhushing, in questo contesto, non è necessario: le evidenze parlano da sole.
Il greenhushing può sembrare una strategia prudente, ma a lungo termine è dannoso per la reputazione, la credibilità e l’efficacia delle azioni sostenibili di un’azienda. Comunicare in modo autentico, basato su dati verificabili e su azioni concrete, consente invece di costruire fiducia e rafforzare la posizione competitiva. In questo senso, strumenti come la piantumazione di alberi con Treedom rappresentano un’opportunità concreta per dimostrare l’impegno ambientale senza rischi, trasformando il silenzio in una narrazione positiva e sostenibile.