Negli ultimi giorni una serie di studi e analisi ha messo in rilievo un dato che a qualcuno potrà sembrare poco plausibile: le tre estati più calde della storia, osservata, sono state quelle del 2023, 2024 e 2025, e il caldo estremo collegato al cambiamento climatico ha contribuito a migliaia di decessi nelle città europee.
Allo stesso tempo è vero che in alcune parti d'Europa ricordano l’estate ha registrato piogge più frequenti del normale — e qualcuno potrebbe obiettare come in realtà «non sembri» caldo affatto.
Mettiamo ordine: cosa dicono i dati, come sono stati ottenuti e pur considerando i limiti della raccolta statistica, accettare che sono più attendibili di chi dice "eh, ma a casa mia ha piovuto sempre"!
Le osservazioni climatiche su larga scala (Copernicus, WMO e dataset internazionali) mostrano che il 2024 è stato il più caldo mai registrato e che il triennio 2023–2025 segnala picchi nelle temperature stagionali, specialmente nell’emisfero nord, tra quelle di cui si hanno dati attendibili. Questi dataset misurano temperature medie su vaste aree e periodi di tempo, e rilevano tendenze globali/continentali che - per quanto banale dirlo, sempre meglio ripeterlo - non sempre devono coincidere con la percezione locale.
L’attribuzione: come si stabilisce l'effetto umano sul clima
Gli studi di “attribuzione” confrontano i dati rilevati con quelli di modelli che simulano un mondo in cui le emissioni umane non hanno determinato alcuna influenza sull'incremento delle temperature. Applicando questi confronti a serie storiche di temperatura e a dati di mortalità giornaliera, i ricercatori stimano la frazione di ondate di calore (e delle morti correlate) che sono state rese più probabili o più frequenti dal riscaldamento antropico.
Analisi recenti su 854 città europee stimano che, nella stagione calda più recente, circa il 60–70% delle morti da caldo osservate siano attribuibili al riscaldamento indotto dall’uomo.
Perché la tua eventuale estate piovosa non contraddice questi risultati
Scala spaziale diversa — I dataset climatici e gli studi di mortalità lavorano a scala continentale o su centinaia di città: catturano tendenze aggregate. Un’estate più umida in una valle alpina, non annulla ondate di calore prolungate in pianure e coste.
Variabilità meteorologica vs trend climatico — il cambiamento climatico alza la probabilità e l’intensità degli estremi, ma non elimina la variabilità naturale: ci saranno sempre piogge intense, tempeste e regioni più fresche; queste sono componenti inevitabili del nuovo «clima disturbato».
Impatti locali amplificati — la mortalità dovuta al caldo è spesso legata a fattori socio-demografici (età media della popolazione, qualità dell’edilizia, accesso alla climatizzazione), quindi due città con la stessa temperatura possono avere esiti molto diversi.
Limiti metodologici — perché leggere i numeri con cautela
Copertura dei dati: gli studi citati si basano su reti di città con dati completi; aree rurali o Paesi con registrazioni deboli possono essere sotto-rappresentate, il che può portare a sottostime o a bias geografici.
Assunzioni dei modelli: le analisi di attribuzione richiedono ipotesi sui livelli preindustriali, sugli scenari di emissione e sul comportamento umano: ogni passaggio introduce incertezza.
Definizioni temporali: parlare di «1,5 °C superati» può riferirsi a un singolo anno medio (come segnalato nel 2024) o a periodi multiannuali; il significato politico e scientifico cambia a seconda del riferimento.
Limiti metodologici non significa sfiducia nei dati
Ogni analisi scientifica porta con sé margini di incertezza: gli studi sul caldo e sulla mortalità si basano su dati disponibili (più solidi in alcune aree, meno in altre), su modelli che simulano scenari controfattuali e su definizioni temporali che possono variare. È corretto riconoscerlo. Ma sarebbe sbagliato concludere che, per questo, i risultati siano poco attendibili.
Al contrario: questi lavori vengono condotti con rigore metodologico, sottoposti a revisione tra pari e fondati sull’elaborazione di enormi quantità di dati provenienti da meteorologia, epidemiologia e scienze sociali. Sono strumenti che, anno dopo anno, diventano più precisi grazie al miglioramento delle serie storiche, dei modelli climatici e delle tecniche statistiche.
In definitiva, segnalare i limiti serve a leggere correttamente i risultati, non a metterne in dubbio la validità: la scienza, con i suoi metodi, resta la nostra bussola più affidabile per orientarci in fenomeni complessi e dinamici come il clima. Diffidare di essa in nome del “percepito personale” è una scorciatoia che non ci possiamo permettere.
Fonti principali |
Scientific American: Andrea Thompson, Climate Change Fuels Record Summer Heat, Killing Thousands, 17 settembre 2025. Scientific American |
Copernicus Climate Change Service: Rapporto Europe’s Warmest Year on Record—Striking Climate Contrasts, 17 aprile 2025. copernicus.eu |
World Meteorological Organization (WMO): Rapporto European State of the Climate 2024, 15 aprile 2025. World Meteorological Organization |
ISGlobal: Studio 62.700 heat-related deaths in summer 2024, 22 settembre 2025. ISGLOBAL |
Imperial College London: Studio Summer heat deaths in 854 European cities more than tripled due to climate change, 17 settembre 2025. Imperial College London |
Nature Medicine: Studio Heat-related mortality in Europe during the summer of 2022, 2023. Nature |
I numeri recenti — comprese stime che segnalano decine di migliaia di morti per calore in Europa tra 2022 e 2024 — convergono su una conclusione: il caldo estremo è già una minaccia concreta per la salute pubblica e le infrastrutture europee. Le politiche di adattamento (rifugio dal calore, rete di allerta, città più verdi, infrastrutture sociali) sono tanto cruciali quanto gli sforzi di mitigazione che riducono le future emissioni e operano su meccanismi di sottrazione della CO2 dall'atmosfera.
Il disallineamento tra esperienza locale («ha piovuto qui») e trend macroscopici («le estati sono diventate più calde e letali») non è una contraddizione: è il frutto della convivenza tra variabilità meteorologica locale e un cambio sistemico del clima globale.
I dati non annullano il vissuto personale, ma lo inquadrano: disegnano scenari che richiedono misure collettive — adattamento urbano, protezione dei più vulnerabili, e riduzione delle emissioni — e scelte quotidiane che includono anche la gestione del territorio e il ripristino di servizi ecosistemici. In questo quadro, piantare e proteggere alberi è una delle molte azioni locali che contribuiscono sia all’adattamento (ombreggiamento, raffreddamento locale) sia alla mitigazione climatica. Ma non è una soluzione unica: serve un mix di politiche, infrastrutture e comportamenti informati dai dati.