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Quanta CO₂ può assorbire un albero?
ott 28, 2025 | scritto da: Tommaso Ciuffoletti
Piantare un albero è uno dei gesti più concreti che possiamo fare per il clima, ma quanta CO₂ assorbe esattamente un albero? Dove va questa CO₂ una volta “catturata”? E cosa succede quando l’albero muore o viene tagliato?
In questo articolo esploreremo i meccanismi della fotosintesi, lo stoccaggio della CO₂ negli alberi, i numeri (che variano molto) e infine apriremo uno sguardo critico: perché è opportuno scegliere di piantare un albero, anche e soprattutto con Treedom, in modo consapevole.
Vedremo insieme:
. Come funziona l’assorbimento della CO₂
. Dove e come la CO₂ viene immagazzinata in un albero: legno, radici, suolo
. Quali sono le stime dell'assorbnimento: da “una decina di chilogrammi” a “diverse decine per anno”, e perché la variabilità è così elevata
. Quali parametri influenzano la capacità di assorbimento: specie, età, clima, suolo, manutenzione
. Cosa succede quando l’albero muore, viene tagliato o bruciato
. Quali implicazioni per la mitigazione e quali domande ancora restano aperte
Come un albero assorbe CO₂
Per capire quanto può assorbire un albero, bisogna partire dalla chimica e biologia che lo rendono possibile. Abbiamo già un buon articolo sul tema della fotosintesi clorofilliana qui sul nostro blog, che vi consiglio di guardare.
In breve:
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L’albero, tramite le sue foglie, assorbe anidride carbonica (CO₂) dall’atmosfera e acqua dal suolo.
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Con l’energia della luce solare, grazie al pigmento clorofilliano, la CO₂ viene trasformata in zuccheri (carboidrati) e ossigeno (O₂) viene liberato.
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Alcuni di questi zuccheri servono all’albero per crescere: costruire foglie, rami, tronco, radici — dunque incrementare biomassa.
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In questo processo, il carbonio (C) che era nella CO₂ viene “fissato” nella biomassa dell’albero (legno, radici, foglie) e in parte nel terreno sottostante (radici, residui organici, humus).
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Il legno è in gran parte composto da lignina, cellulosa e altri composti organici che contengono carbonio. In altre parole: l’albero “immagazzina” carbonio mentre cresce.
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Tuttavia, l’assorbimento netto (cioè la quantità che resta nell’albero o nel suolo) dipende anche dalla respirazione (processo che comporta l'assorbimento di ossigeno e il rilascio di anidride carbonica da parte dell'albero), dalla decomposizione di foglie/rami, da eventi che determinano la fine del ciclo vitale dell'albero (morte, incendio, taglio) e così via.
Questo significa che l’albero non è banalmente “una spugna” che risucchia CO₂ in modo indefinito — è un organismo vivente con ciclo di: crescita, morte, decadimento. E le condizioni ambientali — luce, acqua, nutrienti, temperatura — condizionano fortemente l’efficienza del processo.
Dove viene stoccata la CO₂ in un albero
Una volta che il carbonio è fissato, dove va a finire? Qual è la “geografia” dello stoccaggio?
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Biomassa vegetale: il tronco (legno), i rami, le foglie, le radici vive. Gran parte del carbonio fissato risiede nel legno — perché è la parte principale della biomassa vegetale e tra le più durevoli.
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Radici morte e suolo: le radici che muoiono, i residui vegetali (foglie, rami) cadono al suolo; una parte del carbonio entra nel suolo come humus, materia organica, e può restarvi per decenni o secoli a seconda delle condizioni.
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Suolo e lettiera: la materia organica che deriva dagli alberi alimenta il suolo, e il suolo è un serbatoio critico di carbonio. Così, l’albero e il bosco/foresta funzionano anche come sistema integrato “vegetazione + suolo”.
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Prodotti legnosi: se il legno viene tagliato e trasformato (mobili, strutture edili) può continuare a mantenere immobilizzato carbonio al proprio interno. Ma se viene bruciato o decomposto rapidamente, quel carbonio torna in atmosfera.
Affinché un albero contribuisca efficacemente alla rimozione netta di CO₂, è importante che la biomassa rimanga immagazzinata il più a lungo possibile e che la morte o la distruzione dell’albero non generi un rilascio immediato del carbonio.

Quanto assorbe un albero? I numeri (e perché variano così tanto)
Ecco la parte che spesso suscita attenzione — ma anche confusione — perché i valori sono molto variabili. Ecco cosa ci dicono alcune fonti che ho consultato, guardando tra i principali risultati offerti dai motori di ricerca:
Una stima citata da Arbor Day Foundation (via USDA) indica che un albero maturo può assorbire «più di 48 libbre (≈ 22 kg) di CO₂ all’anno».
Il sito EcoTree parla di un intervallo medio: “una decina a quaranta kg di CO₂ all’anno” per albero, dipendendo da fattori come specie, età, suolo.
Il blog The Tree App fornisce esempi specifici per specie: ad esempio un albero di quercia (oak) circa 25 kg di CO₂ annui nel corso della vita; un mangrovio ~12,3 kg/anno.
Come nota di approfondimento, tuttavia, ci tengo a segnalare come una ricerca recente suggerisca che gli alberi nel loro complesso, a livello globale, assorbono circa 31% in più CO₂ di quanto stimato nei modelli precedenti. Non solo, ma in Africa una parte significativa degli alberi non è inclusa nelle mappe forestali tradizionali — dato che può influenzare le stime dello stoccaggio globale.
Come interpretare questi numeri e quali variabili li influenzano
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Specie dell'albero: si tratta di una specie a crescita rapida o lenta? Il legno dell'albero è denso o leggero? Stiamo parlando di latifoglie o conifere? Sono alberi tropicali o che crescono in climi temperati? Ognuna di queste sottovariabili determina la prima e cruciale variabile rispetto al potenziale di assorbimento di un albero: la specie a cui questo appartiene.
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Età e stadio di crescita: in una fase giovanile, in cui la crescita rapida, l'albero assorbe molto in relazione alla propria dimensione; nella fase di maturità la crescita è più lenta, l'albero assorbe relativamente meno, ma ha già iniziato a stoccare una quota relativamente consistente di anidride carbonica; senescenza è la fase in cui si riduce ulteriormente la capacità di assorbimento e sale il rischio di rilascio di anidride carbonica.
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Biomassa iniziale e potenziale di crescita: è del tutto intuitivo che un albero più grande ha potenziale d'assorbimento e stoccaggio maggiore.
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Condizioni ambientali: qualità del suolo (nutrienti, profondità), disponibilità d’acqua, luce solare, clima locale, temperatura, stress biotico (parassiti) e abiotico (sicurezza, incendio, tempeste) sono ulteriori fattori da tenere in considerazione. In generale si consideri che gli alberi che crescono in ambienti tropicali hanno un elevato potenziale di assorbimento della CO₂ grazie alla loro crescita continua e all’intensa attività fotosintetica durante tutto l’anno (non hanno stagioni di riposo come gli alberi delle zone temperate).
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Densità della foresta: in una foresta densa, la competizione può rallentare la crescita individuale; in una piantagione ben gestita, ogni albero può avere più spazio.
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Gestione e permanenza: è importante che l’albero venga mantenuto, che sopravviva, che non venga distrutto da incendi o disboscamento. Un albero che muore rilascia buona parte del carbonio accumulato.
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Durata dello stoccaggio: non solo quanto assorbe, ma quanto tempo quel carbonio resta “immobilizzato” nell’albero, nel suolo o in prodotti legnosi.
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Uso del suolo e alternative: se il terreno fosse usato per agricoltura intensiva, pascolo o edilizia, il “costo-opportunità” è alto e questo limita l’espansione. Per esempio lo studio del Massachusetts Institute of Technology (MIT) sulla “supply curve” per la rimozione da foreste, tiene conto anche del costo-opportunità del suolo.
Se volessimo suggerire una stima approssimativa per un albero “mediano” in condizioni buone, potremmo dire:
circa 20-25 kg CO₂/anno (con le varianti).
Questo si colloca nel range citato da varie fonti (10-40 kg).
È importante chiarire che questo non significa “ogni albero assorbe 25 kg all’anno, punto”, bensì che è una stima ragionevole per esporre il concetto al pubblico.
La variabile tempo e considerazioni ulteriori
Prendiamo un albero che assorbe una media stimata di 25 kg di CO₂ all’anno nell'arco di una vita di 100 anni (senza essere distrutto). In 100 anni accumulerebbe 2 500 kg (2,5 tonnellate) di CO₂ fissate.
Ecco perché è decisiva una stima approssimativa anche della vita media dell'albero. Tuttavia è opportuno segnalare, proprio al termine di questo paragrafo così basato su stime e approssimazioni, che occorre pensare in scala, a lungo termine, e in sistemi (boschi, foreste) più che al singolo albero isolato.

Che succede quando un albero muore o viene distrutto?
Questo è un capitolo che spesso riceve poca attenzione, ma è cruciale se vogliamo ragionare seriamente su alberi, CO₂ e mitigazione a lungo termine. Al netto di riflessioni sulla potenziale immortalità degli alberi, ragionare del momento in cui un albero muore o, più correttamente, avvia un processo di trasformazione (vedi l'articolo linkato per approfondire il tema) è cruciale per la compiutezza della nostra analisi.
Quando un albero muore (naturale senescenza, malattia, incendio, taglio), la biomassa può decomporsi o bruciare, e il carbonio immagazzinato viene in gran parte rilasciato come CO₂ (o metano/CO₂ in caso di decomposizione anaerobica).
Uno studio del MIT segnala che i modelli spesso assumono che gli alberi restino indefinitamente in piedi — ma la realtà è che “l’albero può vivere qualche centinaio di anni, ma non per sempre”. In particolare: «We have effectively assumed that trees last forever, which is clearly not the case». Non solo, ma una foresta può, in certe condizioni, diventare fonte netta di CO₂ se la perdita di biomassa (taglio, incendi, parassiti, siccità) supera l’accumulo.
Dal punto di vista di un progetto di compensazione o riforestazione: non basta piantare — occorre assicurare sopravvivenza, crescita, permanenza del carbonio. Altrimenti l’efficacia può ridursi o azzerarsi. Anche l’uso del legno è importante: se il legno viene trasformato in prodotti “a lunga durata” (mobili, strutture), il carbonio può restare “bloccato” più a lungo.
Si valuti infine l'impatto degli incendi: se infatti un albero viene bruciato o decomposto rapidamente, l'anidride carbonica viene rilasciata in atmosfera in grandi quantità in piccolissime frazioni di tempo. Questo è uno dei grandi problemi degli incendi da un punto di vista dell'impatto immediato - oltre ovviamente a tutti gli altri effetti distruttivi e di lungo periodo.
In definitiva: ogni albero un potenziale storico di carbonio, ma quell’efficacia dipende da durata, stabilità, protezione e, più in generale, dal ciclo di vita dell'albero.
Ora che abbiamo spiegato come funziona, dove va la CO₂, quanto può assorbire un albero e quali sono i limiti, possiamo ragionare sul “che vuol dire” tutto questo per un’organizzazione come Treedom, per chi regala un albero, per chi pensa alla compensazione delle emissioni.
Cosa possiamo dire con certezza rispetto alla CO₂
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Un albero fa bene: assorbe CO₂, migliora biomassa, contribuisce a un suolo più vivo, offre benefici ambientali e sociali (qualità dell’aria, biodiversità, paesaggio).
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Si devono tuttavia evitare slogan che lascino intendere che piantando X alberi = cancello le mie emissioni. In primis perché è una frase scorretta anche dal punto di vista terminologico (un albero può assorbire le emissioni ed eventualmente ridurre le emissioni nette) e di quel che si chiama greenwashing e poi perché se è vero che gli alberi sono uno strumento potente per generare impatti positivi, questi devono essere piantati con criterio. Serve: l'albero giusto, nel posto giusto, per il giusto scopo.
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La riforestazione, l’afforestazione (impiantare nuovi boschi) e l'agroforestazione sono strategie utili ma vanno integrate in più ampia scala, con forte attenzione alla qualità del suolo, alla gestione, alla durata e alla protezione. Tutti parametri che teniamo di gran conto nella pianificazione del nostro lavoro e nello sviluppo di sistemi agroforestali sostenibili e rigenerativi.
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Importante: l’effetto netto — ciò che davvero resta stoccato nel lungo termine — è ciò che conta, non solo l’assorbimento annuo.
In conclusione
In definitiva, un albero è più di un insieme di legno e foglie: è un nodo vitale nel grande ciclo della vita. Quando doni un albero, doni ossigeno, stai facendo un piccolo investimento in un futuro più verde e più giusto. Ma stai anche accettando che questa azione richieda necessariamente cura, costanza, fiducia — e che non basta “gettare dei semi in un campo”. Ed è questo il senso del nostro lavoro: programmare, curare, mantenere. In due parole: crescere alberi.
E in questo senso la CO₂ è un fatto: esiste, la produciamo, la accumuliamo. L’albero è un alleato reale nel contrastarne l'eccessiva presenza in atmosfera (almeno per gli standard a cui è abituata la nostra specie). Perché le molecole di CO₂ che finiscono nel legno e nel suolo oggi, restino lì domani, occorre che l’albero viva, cresca, resti protetto.
E poi c’è la bellezza del silenzio che cresce: un ramo, una foglia, un albero che respira, immagazzina sole e linfa, con le radici che s’infittiscono sotto terra, connettendosi con il suolo.
Certo un albero non cancella le nostre emissioni, ma partecipa al grande respiro del pianeta.

